I was love

 Michail era a corto di giorni e d'inchiostro.
Oramai niente più d'un corpo accasciato in poltrona, mente e membra cascanti da   un busto squassato da tosse ed espettorato. Non vi era altro che emettesse, non una parola, non un lamento. Aveva cessato di vivere il giorno in cui s'era annidata in lui la consapevolezza che stavolta non sarebbe riuscito a evadere. Mancava quel sapor di speranza a far fremere il cielo oltre le sbarre. A sfiorarlo adesso soltanto lo sciapo chiarore che dal lago risaliva fin su al balcone. Le ore s'affastellavano alla pira di rassegnazione, nell'immobilità di chi ormai esiste senza più volontà. Sussisteva prigioniero dello spettro della ringhiera che, ogni sera, si faceva sempre più vicino. Raggomitolato nel proprio guscio d'ossa e velluto, al crepuscolo avvicinava a sé piedi e babbucce così che quell'ombra non potesse raggiungerlo. Otto sottili anime d'arricciato metallo che lo tenevano sotto scacco, impedendogli di raggiungere lo scrittoio.

Non che nutrisse più il desiderio d'impugnar la penna, oppure sfogliare i propri cartigli. Calamaio e gola erano secchi dall'assenza di sete di rivoluzione. Non c'era più niente che desiderasse imprimere sulla pagina, finiti erano i dibattiti, le dottrine, perfino le invettive. E l'amore, anche quello era stato allungato negli anni come vino scadente. Antonia aveva un amante, non poteva certo biasimarla e, anche se avesse voluto, di certo non ne aveva più le forze. Aveva letto stralci della loro, ormai malcelata, corrispondenza e il dolore più grande era stato il constatare che quel tradimento non lo feriva affatto. Se ne era domandato la ragione, era stata l'ultima delle riflessioni prima di scivolar nell'apatia. La risposta stava nel suo veder la realtà dal lato opposto della lente.

Egli riusciva a mettere a fuoco soltanto il circoscritto scrigno ocra in cui andava consumandosi. Spesso s'osservava nell'ovale impietoso affisso a metà parete. Nelle grinze del volto si contava gli anni spesi per difendere il proprio pensiero dall'ottusità, dalla ferocia di una visione limitante e limitata. Nelle venature bianche di barba, e sparuta criniera, fluiva invece il senso d'ineluttabilità di quel che lo attendeva. Perciò l'universo che esulava dalla sua vista non era più capace di tangerlo. Michail guardava quel che restava del proprio vissuto con sguardo assottigliato e vacuo. Era la feritoia attraverso cui si scruta chi si volta indietro a vedersi già morto. Perciò Antonia poteva amare Carlo, era così  da anni, da quando lei aveva dato alla luce il primo dei loro tre figli. Era qualcosa che egli tollerava nella misura in cui ella tollerava la precarietà che, seppur involontariamente, egli le aveva offerto in dote. A dir il vero, quel che da sempre gli era stato impossibile accettare era la sua mancanza d'interesse nelle proprie attività politiche.

Ogni volta che aveva tentato di coinvolgerla, d'ammantarla del vermiglio drappo della propria passione, la moglie era rimasta immota. E quel divario aveva scavato un solco ben più profondo degli oltre venticinque anni d'età tra loro. Ciò nonostante c'erano state stagioni in cui l'aveva amata con tutta la tenerezza che gli era stata concessa in vita. Aveva amato il rossore delle guance e la dolcezza con cui la mussola si scioglieva sulle sue tiepide curve. L'aveva amata anche mentre portava in grembo dei bastardi poiché l'attesa le conferiva un'aura di sovrannaturale splendore. In fin dei conti aveva nutrito per lei un onesto affetto in grado di tenerlo vincolato a quella realtà terrena così distante dalle cattedrali di pensieri con cui il suo intelletto sfidava le altrui filosofie. Quella era sempre stata la sua dimensione d'elezione, il campo di battaglia su cui si era speso per decenni, per cui aveva sacrificato salute e libertà senza mai cedere terreno, senza mai lasciarsi svilire dai critici o piegare dai carcerieri. Perché Michail era il proprio Ideale e l'Ideale era Michail: neanche la morte avrebbe reciso quel legame. La guerra per la sopravvivenza nell'avvenire era valsa ogni giorno di prigionia, ogni scontro e privazione. Il mondo aveva già iniziato a discutere delle sue proposte e sapeva d'animi che s'erano infiammati con la stessa violenza che predicava per il raggiungimento della vera liberazione. Durante l'esilio aveva ricevuto tante e tali dimostrazioni di stima e solidarietà intellettuale da poter andarsene certo che il proprio messaggio non sarebbe perito. Egli avrebbe continuato a vivere nella rabbia dei moti di piazza, nella clandestina complicità dei circoli rivoluzionari e sulle pagine di quei tomi che, dal suo comodino impolverato, sarebbero stati elevati agli scaffali di prestigiose biblioteche. Ed era questa consolazione a cullargli lo spirito mentre la carcassa mortale degradava evanescente in quella stanza dove, un giorno ormai prossimo, sarebbe rimasta soltanto l'importa della ringhiera a terra e la silhouette della poltrona vuota.

Costanza Colombo