di Valeria Caldelli

Pisa, 9 febbraio 2014 - Guai a quel progetto che dividerebbe in due tronconi la biblioteca della Sapienza smembrando un'istituzione illustre e preziosa. Semmai acceleriamo la sua riapertura dopo un' immobilità che dura ormai da 18 mesi senza che l'ordinanza di chiusura firmata dopo il terremoto dell'Emilia abbia mai pienamente convinto. La linea uscita dall'incontro promosso dagli Amici della Biblioteca Universitaria e svolto sabato a Palazzo Reale non lascia spazio a eventuali decisioni che possano mettere a repentaglio secoli di   storia.

La proposta  è arrivata senza mezzi termini dal professor Salvatore Settis, direttore per 12 anni della Scuola Normale Superiore, per 5 del Getty Institute di Los Angeles, presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali dal 2007 al 2009 e illustre studioso nominato per i suoi meriti presidente del Consiglio scientifico del Louvre.

"La forzata connessione del palazzo della Sapienza al terremoto dell'Emilia Romagna non ha mai convinto nessuno", ha detto. " Da tempo si sapeva e si denunciava  che la biblioteca aveva problemi di sovraccarico. La soluzione al problema, dunque, è una sola: destinare l'intero palazzo alla biblioteca universitaria salvaguardando alcuni spazi di rappresentanza dell'Università".

Non ci sono dubbi che anche il buon senso vada in questa direzione, ma fino ad oggi nessun accordo è stato trovato e sembra anzi che si cerchi di allontanare  i libri dall'antico palazzo di via Curtatone e Montanara piuttosto che individuare una loro migliore sistemazione all'interno dell'edificio. Perché dunque non si può seguire la strada più lineare? Anche a questa domanda il professor Settis ha dato una risposta decisa: "Il vero problema è che si è creato un conflitto di interessi tra la Biblioteca della Sapienza, che si chiama 'universitaria' ma che invece appartiene al Ministero dei beni culturali, e l'altra parte del Palazzo che è di proprietà del Ministero dell'Università".

E' una parola dire 'cultura' quando i due Ministeri che dovrebbero promuoverla, o almeno difenderla, litigano tra loro e lasciano una situazione in stallo chiedendo aiuto a un terremoto a cui i tecnici per ora non sembrano poter ascrivere alcuna responsabilità. In italia esiste già un caso Pompei, abbiamo la Reggia di Caserta allo sfascio e nessun museo per i Bronzi di Riace.

La Biblioteca della Sapienza, che raccoglie 620.000 volumi, 1389 manoscritti, incunaboli e cinquecentine, rischia di diventare un altro scandalo nazionale. Una commissione è stata nominata nei giorni scorsi da Roma, ma l'ipotesi dello smembramento e del trasferimento dei periodici (e non solo) nell'ex dipartimento di Storia delle Arti al San Matteo, sul lungarno Mediceo, non è affatto tramontata.

La presidente degli Amici della Biblioteca Universitaria, Chiara Frugoni, che fa parte della commissione appena formata, ha già risposto che quella sede non è adatta sia perché manca una scala di emergenza, sia perché in caso di esondazione dell'Arno i libri sarebbero allagati, sia per il sottodimensionamento dell'edificio alla mole dei volumi che vi si vorrebbero trasferire.

La dottoressa Eliana Carrara ha ribadito questi problemi nel corso dell'incontro a Palazzo Reale annunciando nuove battaglie perché "provvedimenti di pubblico interesse siano dibattuti pubblicamente, nella convinzione che dichiarare ambizioni e progetti sia forse il miglior contributo che un privato, un ente o un'associazione possano portare alla vita comune". E ha proseguito: "Continueremo a chiedere la riapertura della Biblioteca Universitaria e continueremo ad opporci al progetto, assai poco razionale, di spezzare inutilmente il  suo patrimonio librario, inserendolo in modo definitivo nel corpo fragilissimo e pieno di problemi dell'ex dipartimento di Storia delle arti".

Intanto un'altra petizione è appena stata firmata da Antonino Caleca, Marco Collareta, Adriano Prosperi, Mariagiulia Burresi, Lucia Faedo, Ilario Luperini e molti altri intellettuali pisani. Chiedono la crescita indipendente del Museo Nazionale di San Matteo da una parte e della Biblioteca universitaria dall'altra.

Lo spostamento dei periodici nei locali del lungarno Mediceo otterrebbe un duplice risultato negativo: "umiliare una prestigiosa istituzione museale, gestita con cura e lungimiranza dalla locale Soprintendenza, ma che sta diventando assolutamente inadeguata alle sue funzioni dopo anni e anni di trascuratezza dovuta alla insensata politica di lesina degli ultimi governi passati, e porre sostanziose premesse per lo smembramento ora in due, e domani in chissà quanti frammenti, di un patrimonio librario che finora, in unione alla Biblioteca della Scuola Normale Superiore, aveva reso la città di Pisa uno dei luoghi al mondo in cui è più agevole condurre studi nel vasto campo delle materie umanistiche".