Pisa, 6 febbraio 2014 - LA PRIMA mano artificiale ‘sensibile’ - nata nei laboratori della Sant’Anna - funziona davvero. E questa volta non si tratta del risultato di un ‘semplice’ test. La conferma arriva direttamente dal danese Dennis Aabo Sørensen che nove anni dopo il suo incidente è diventato il primo amputato nel mondo a percepire informazioni sensoriali raffinate e quasi-naturali, in tempo reale, grazie alla mano che gli è stata collegata, chirurgicamente, ai nervi del suo arto superiore. Ad aver reso possibile tutto ciò sono stati l’ingegner Silvestro Micera con il suo team presso l’Epfl (Svizzera) e l’Istituto di BioRobotica della Scuola Sant’Anna. Il 26 gennaio 2013 Sørensen ha subito l’intervento chirurgico a Roma, al Policlinico Gemelli.

Un gruppo specializzato di chirurghi e di neurologi, guidati da Paolo Maria Rossini, ha impiantato gli elettrodi transneuronali all’interno dei nervi ulnari e mediani del braccio sinistro di Sørensen. Dopo 19 giorni di test preliminari, Silvestro Micera e il suo team hanno collegato la loro protesi agli elettrodi (e a Sørensen) ogni giorno per una settimana intera. «Questa è la prima volta in assoluto — sottolinea Silvestro Micera — che nella neuroprostetica il feedback sensoriale è stato restituito e usufruito da un amputato, in tempo reale per il controllo di un arto artificiale. «E il feedback sensoriale è stato incredibile» ammette il 36enne amputato. Micera e il suo team hanno realizzato una serie di sensori che rilevano le informazioni riguardanti il contatto. Tutto questo è stato possibile misurando la tensione all’interno dei tendini artificiali che controllano il movimento del dito, trasformandola in corrente elettrica. Ma questo segnale elettrico è troppo “grosso” affinché possa essere percepito dal sistema nervoso. Utilizzando algoritmi computerizzati, gli scienziati hanno così trasformano il segnale elettrico in un impulso che i nervi sensoriali riescono a interpretare.

IL SENSO del tatto è stato realizzato inviando in maniera digitale il segnale raffinato, attraverso i cavi di quattro elettrodi che sono stati impiantati in maniera chiruirgica in ciò che rimane dei nervi dell’arto superiore di Sørensen. «Eravamo preoccupati per la ridotta sensibilità dei nervi di Dennis visto che non erano più stati più utilizzati — aggiunge Stanisa Raspopovic, primo autore e scienziato presso l’Epfl e l’Istituto di Biorobotica della Scuola— Queste preoccupazioni si sono affievolite non appena gli scienziati hanno riattivato correttamente il senso del tatto di Sørensen». I risultati di questo studio sono pubblicati nell’edizione di «Science Translational Medicine» del 5 febbraio 2014 e sono adesso presentati nell’ambito di una più ampia collaborazione tra diverse università, quali il Campus Biomedico di Roma, centri di ricerca e ospedali europei, ribattezzata «LifeHand2».