di ELEONORA MANCINI

Pisa, 23 giugno 2013 - «SAREBBE potuto capitare a chiunque, anche a una mamma con un bambino a passeggio in piazzale Sicilia», commenta così Rita Sverdigliozzi, dirigente della Squadra Mobile della Questura di Pisa, il grave fatto di sangue avvenuto venerdì mattina, in pieno giorno, nella tranquilla via di Porta a Lucca. La dinamica dell’aggressione, alla cui base non c’era alcun movente, è stata chiarita ed è pertanto esclusa, dagli inquirenti, la possibilità che l’accoltellatore volesse rubare lo scooter del malcapitato 50enne pisano.

Alberto Mennucci: è questo il nome del 38enne che con cinque coltellate alla schiena e alla base della nuca ha ferito l’impiegato informatico che venerdì ritornava a casa in scooter e contro il quale si è poi accanito versandogli addosso acido corrosivo. E’ un tossicodipendente seguito dal Sert, già noto alle forze dell’ordine e indagato per precedenti e possesso di armi bianche. «E’ un soggetto incline alla violenza e a scatti d’ira ingiustificati — dice la Sverdigliozzi —. Negli ultimi anni, orfano, ha vissuto in una specie di isolamento sociale, soprattutto dopo che la ex compagna, madre del suo bambino, fu costretta a lasciare Pisa temendo per la sua vita e per quella del suo bambino, dopo interminabili maltrattamenti e percosse».

La dirigente racconta come la task force di polizia, polizia municipale e vigili del fuoco è riuscita a mettersi sulle tracce dell’uomo. LA CACCIA a Mennucci è stata serrata per 24 ore, subito dopo l’aggressione, quando una pattuglia della mobile e gli uomini in borghese della municipale in servizio anticrimine in piazza dei Miracoli sono intervenuti. «Il rinvenimento del portafogli smarrito in via Piave dal Mennucci ci ha subito messo sulla pista giusta — spiega la dirigente —. Ci siamo asserragliati sotto casa sua (in piazzale Amalfi ndr) attendendo che rincasasse. Nel frattempo abbiamo allertato la polizia ferroviaria, ritendendo ragionevole che l’uomo potesse cercare rifugio alla Stazione e nei luoghi abitualmente frequentati da tossicodipendenti». Mennucci, però, sentendosi braccato, non è rientrato a casa e ha trascorso la notte alla Cittadella, anche questa zona di ricovero dei tossici. La polizia, frattanto, di piantone in piazzale Amalfi chiamava a rinforzo i vigili del fuoco che, con la scala mobile, irrompevano dentro l’appartamento del ricercato.


LA SCENA che si è mostrata agli inquirenti è stata raccapricciante e inquietante. «Le condizioni igieniche della casa erano scandalose — spiega la Sverdigliozzi —. Manca l’acqua corrente e le stanze sono adibite a magazzini. In una camera abbiamo trovato coltelli di varie misure, pannelli con cui il Mennucci si esercitava nel lancio. Raccapricciante è stato il rinvenimento di un manichino che presentava numerosi fendenti».

La lista nell’arsenale degli orrori è lunga e terrifica: flaconi di acido nitrico, baker e tanks per miscelare composizioni chimiche, per la cui rimozione dovranno intervenire gli artificieri, flaconi vuoti di metadone e felpe di colore scuro con cappuccio e guanti tagliati per dare libertà alle dita nei combattimenti, ispirati a libri di arti marziali rinvenuti. Ormai stanato, Mennucci si è presentato ieri mattina in Questura confessando: «Sono io l’accoltellatore». Interrogato dalla polizia, ha solo riferito del luogo in cui si era liberato del coltello (21 cm), ritrovato ancora sporco di sangue nel giardino di una casa privata. L’uomo è accusato di tentato omicidio e la sua posizione è aggravata dal fatto che abbia scelto la sua vittima a caso. Soddisfazione e complimenti al Questore e alla Municipale sono stati espressi dal Prefetto e dal Sindaco. Ancora sotto choc e increduli sono i condomini del palazzo in cui Mennucci abitava.