Pisa, 29 gennaio 2013 - Dopo la polemica sul recupero delle mura di Pisa, l'architetto Massimo Carmassi, che ha contestato il tipo di restauro effettuato con un'intervista a La Nazione, ha scritto una lettera al sindaco Marco Filippeschi. Ecco il testo integrale della lettera.

"Alla c. a. Dott. Marco Filippeschi
Sindaco di Pisa

Gentile Sig. Sindaco,
L’assessore Andrea Serfogli e l’Arch. Marco Guerrazzi sostengono che le mie critiche al restauro delle mura sarebbero “veleni gratuiti e polemiche miopi e ingenerose”. In realtà, già in precedenza, il compianto Emilio Tolaini a cui si devono libri memorabili sulla storia di Pisa, aveva espresso dure e pubbliche riserve sul restauro delle superfici in pietra. In un volume del 2005 sulla costruzione delle fortificazioni della città aveva in particolare elevato un’accorata quanto inascoltata protesta, attribuendo alle ringhiere di fronte al Duomo “la capacità di deturpare il disegno della merlatura e l’orizzonte visivo della piazza”, ritenendole “un caso purtroppo esemplare di mercificazione di un bene culturale e di degrado da turismo” (p. 142) .
L’architetto Guerrazzi deve aver dimenticato l’appellativo con cui Tolaini lo apostrofò a tal proposito, in un convegno pubblico presso l’Arcivescovado. Non mi risulta infatti che ciò abbia provocato reazioni o ripensamenti da parte sua e degli amministratori presenti, visto che le stesse metodologie adottate allora sono state estese per chilometri con l’ulteriore aggravante del tamponamento dei merli, della cui temporanea esistenza e successiva rimozione si era persa memoria dalla notte dei tempi. Se non si può negare che le mura avessero bisogno anche di superficiali e limitati interventi di consolidamento è da escludere, in base alle più elementari e aggiornate regole della conservazione, maturate dalla comunità scientifica, che fosse necessario stuccare con dosi massicce di malta l’intera rete di connessioni orizzontali e verticali delle superfici in pietra.
Più di ogni descrizione verbale, le immagini che allego a questa lettera, riprese prima e dopo i lavori, consentono di valutare la qualità dei risultati dell’intervento, non escludendo affatto che possa risultare gradita ad una parte dei cittadini. Tra l’altro lo stato attuale del camminamento in quota di fronte al Battistero, invaso dalle erbacce, e caratterizzato dalla rada tessitura orizzontale di sottili tondini delle ringhiere esterne, farebbe pensare che il percorso non sia agibile per ragioni di sicurezza e per questo sia rimasto inutilizzato fin dall’inizio.
Non entro nel merito estetico del ponte sospeso in ferro che attraversa Via S. Francesco e del nuovo edificio in vetro in corso di attuazione in via Gioberti a pochi metri delle mura, alle quali si collega con una passerella, sostitutivo di un edificio appena demolito degli anni ‘60, di proprietà pubblica. Mi auguro che su questi aspetti e sulla prosecuzione del restauro con i criteri fin qui adottati la Soprintendenza possa avviare sollecite riflessioni adottando le misure necessarie di sua competenza.
L’assessore Serfogli sostiene infine che io stesso avrei ipotizzato “nuove ed azzardate soluzioni architettoniche per realizzare punti di salita, passerelle di collegamento, con il recupero di parapetti, ricostruzione di ruderi e quanto altro necessario per rendere le mura fruibili e percorribili”. E’ vero, nel 1981 è stata pubblicata sulla rivista Parametro n°96 (p. 41) - in un numero monografico dedicato al lavoro dell’Ufficio Progetti - una ipotesi sommaria relativa ad un sistema di risalita sull’angolo sudovest dell’area della cittadella semidistrutto dai bombardamenti e ricostruito parzialmente nel dopo guerra. Questa ipotesi faceva però parte di un più ampio progetto di recupero delle aree lungo il lato ovest delle mura, che proponeva per la prima volta un percorso pedonale dal Duomo alla cittadella e oltre l’Arno fino a Stampace e all’area ferroviaria con la stazione di testa (fig. 1, p. 38 e fig. 3, 4, 5, p.39).
L’idea della risalita è rapidamente scomparsa nel progetto successivo, esteso all’intero circuito delle mura, presentato in una mostra all’Arsenale Mediceo nel 1985, a dieci anni dalla fondazione dell’Ufficio Progetti, e pubblicato sul volume “Massimo Carmassi, progetti per una città” (Electa, 1986), presentato da Giancarlo de Carlo.
Nel 1992 tale progetto viene perfezionato e pubblicato su un volume monografico “Massimo Carmassi, Architettura della Semplicità” (Electa, 1992) arricchito da nuovi rilievi, fotografie dei lato nord ed est delle mura e dalle immagini delle prime realizzazioni: il recupero del ponte del fossato, della muraglia Brunelleschiana e del loggiato sovrastante della Fortezza Fiorentina, il recupero del Canale  dei Navicelli e del Sostegno a Porta a Mare (pp. 80-99). Ambedue gli interventi sono stati portati avanti e conclusi felicemente dall’architetto Dunia Andolfi, ma oggi risultano inutilizzati ed abbandonati. Non sorprende peraltro che il loggiato della Fortezza, detta più comunemente Giardino Scotto, restaurato da tempo, risulti attualmente chiuso ai visitatori dopo un recente intervento privato di ricostruzione del rudere della vecchia questura, di proprietà comunale, che ne ha inibito l’affaccio originale e previsto sul Lungarno, cancellando anche le antiche cornici in pietra serena dell’apertura preesistente.
Infine nel 1999, dopo più di 30 anni dalla prima proposta, una grande mostra a Palazzo Lanfranchi presenta il mio ultimo e più approfondito progetto urbanistico del 1998, per il recupero delle aree lungo il circuito delle mura, arricchito da molte fotografie e da straordinarie tavole di  rilievo eseguite da decine di studenti di architettura a titolo gratuito. Che dire? Si può sbagliare, ma ci si può ricredere in tempo e tentare di fare meglio faticando.
E’ comunque evidente che la proposta urbanistica del ‘98, in alcune parti forse troppo ambiziosa, avrebbe dovuto essere approfondita e adattata alle circostanze, con strumenti e competenze adeguate alle comprensibili ambizioni degli amministratori che si sono succeduti nel corso dell’ultimo decennio. C’è da augurarsi che sull’intera vicenda del recupero delle mura, l’amministrazione comunale apra i suoi archivi e si confronti sugli esiti paesistici degli interventi previsti e in corso, conosciuti finora solo attraverso elaborati sommari.
Per concludere Le invio in allegato questa rivista pubblicata dallo IUAV – Istituto Universitario di Architettura di Venezia - dove insegno, che illustra alcuni progetti che ho seguito insieme ai miei laureandi e durante tre semestri presso le Scuole di Architettura di Mendrisio e di Venezia. Tali progetti, che sottopongo alla sua attenzione senza alcuna ambizione professionale, sono stati sviluppati con la libertà consentita dalle finalità della didattica e della ricerca universitarie, senza tuttavia  risultare incompatibili con le reali opportunità della vicenda urbana contemporanea.
Ritengo, infine piuttosto singolare che questa immensa produzione sia stata così poco studiata dai suoi progettisti che ne hanno adottato comunque le idee e le linee guida, con molte approssimazioni, e senza mai citare il mio lavoro, cosa che, Le assicuro, non ha mutato il mio affetto per la città che Lei amministra.
Con i più cordiali saluti,

Arch. Massimo Carmassi
Firenze, 28 gennaio 2013"