Pisa, 1 settembre 2012 - Cercano un corpo. O resti umani. Annusano, seguono possibili tracce, si infilano nei passaggi più stretti, dove un uomo non riesce ad arrivare. Sono cani specializzati. E sono tornati in pista. Ore movimentate intorno alla casa di Roberta Ragusa, scomparsa da casa 231 giorni fa e ancora introvabile.

Un fantasma. Ma chi pensava che le indagini fossero agli sgoccioli dovrà iniziare a ricredersi. Anzi, più passa il tempo, più la villetta del mistero diventa indiscutibile crocevia dell’inchiesta. Perché sta tutta lì — pensano gli investigatori con convinzione ogni giorno crescente — la soluzione del giallo.

E non fanno niente per nasconderlo. E’ proprio intorno a quella casa a due piani con piscina, nel cuore della campagna di Gello, frazione di San Giuliano Terme, che le indagini approdano sempre: a partire da fine febbraio, quando lì arrivarono i Ris una volta accantonata l’ipotesi dell’allontanamento volontario da casa, fino ai giorni scorsi, quando è stato evidentemente deciso di imprimere una nuova accellerata alle ricerche.

L’input è partito dalla Procura di Pisa e subito è arrivato a Livorno, sede della «Hbdd», società che ha fatto dell’addestramento di unità cinofile per la ricerca di tracce ematiche la propria specializzazione.

Il fatto è che oltre al sangue quei cani sanno cercare anche resti umani. Ed è per questo che sono stati chiamati di nuovo, come già era successo nei mesi scorsi: verificare che il corpo di Roberta, ormai data per morta, non si trovi proprio lì, vicino alla casa da cui è scomparsa nella notte fra il 13 e il 14 gennaio.

Certo, sarebbe una beffa. Ma anche il nascondiglio più facile. E tutt’altro che improbabile perché fra campi, pozzi, fossi, macchie di rovi, le soluzioni appaiono sconfinate. A guidare i cani, i loro addestratori. A condurre le ricerche, i carabinieri. Che ne hanno approfittato per tornare ad ascoltare alcuni vicini dei Logli. Non tanto per scandagliare i ricordi su quella maledetta notte di gennaio in cui il mistero ha avuto inizio — un passaggio già fatto più e più volte con ognuno di loro — quanto per raccogliere ulteriori informazioni proprio su quella zona di Gello e su possibili «angoli» finora trascurati dalle ricerche. Per non lasciare qualcosa d’intentato. E per raccogliere, perché no, sensazioni e racconti di paese.

Fra i quali la voce che vuole Antonio Logli, il marito di Roberta, sempre a casa per tutta l’estate. Sempre con i figli. Qualche tuffo in piscina, qualche cena in giardino, ma niente vacanze. Comprensibilmente.

«Li abbiamo visti sempre qui, non si sono mai allontanati», racconta una residente della zona. Fra quelle che, irresistibilmente attratte dal giallo, non si perdono un particolare. «Sara? No, lei non s’è vista», aggiunge poi con un filo di delusione. Già, perché Sara Calzolaio — ormai lo sanno anche i muri — è da sei anni l’amante di Antonio: una relazione nata e cresciuta alle spalle di Roberta.

Una storia che tante supposizioni ha scatenato, anche sull’origine del giallo, dimenticando però che i riscontri a tutti questi dubbi stanno a zero. Ecco perché servono nuovi elementi per chiudere il cerchio dell’inchiesta, che da ormai sei mesi ha portato all’iscrizione del marito di Roberta nel registro degli indagati per omicidio colposo e occultamento di cadavere. Un’ipotesi tutta da dimostrare. Per sostenerla, intanto servirebbe un corpo. Il corpo che non c’è. A meno che quei cani...

David Bruschi