Pisa, 11 settembre 2010 - Tutto è cominciato lo scorso Capodanno. E dopo poco più di otto mesi di serrate indagini gli investigatori della Squadra Mobile - diretti dal dottor Giuseppe Testaì con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia - sono riusciti prima a salvare la vita a una giovane rumena, costretta a vendere il suo corpo e vittima di sevizie, e poi a smantellare un’organizzazione criminale internazionale dedita alla riduzione in schiavitù, introduzione nel territorio dello Stato e sfruttamento della prostituzione di giovani donne tra le province di Pisa e di Livorno. I risultati dell’operazione sono stati illustrati ieri mattina negli uffici di via Lalli dal questore Raffaele Micillo.

 


L'attività investigativa scaturisce grazie all’esperienza dei medici del Pronto Soccorso e degli agenti del posto fisso della Polizia di Stato in servizio al Santa Chiara, che si sono insospettiti (e soprattutto) preoccupati delle sorti di una giovane rumena che, appunto lo scorso 1° gennaio, si presenta in ospedale con vistosi segni di sevizie e maltrattamenti su tutto il corpo. In particolare, la donna ha contusioni multiple, ustioni da sigarette e ferite da taglio, nonché segni di lesioni risalenti nel tempo, segno che i maltrattamenti sono ripetuti oltre che violenti.

 

La malcapitata dichiara ai medici di essere stata picchiata e poi scompare. Data la particolare attenzione che la Questura di Pisa riserva agli episodi di maltrattamenti nei confronti delle donne, scattano le serrate indagini che consentono di accertare, da subito, che la donna erano una giovane prostituta che ‘lavorava’ sull’Aurelia. Appostamenti, pedinamenti e indagini incessanti consentono alla Squadra Mobile di ricostruire l’organigramma di un sodalizio criminale dedito al traffico di ragazze, in gran parte minorenni che, reclutate in Romania, venivano portate in Italia - molte nascoste nel bagagliaio delle auto, appunto perché minorenni o con documenti falsi - per essere avviate alla prostituzione in strada.

 


Le ricerche della polizia accertano che la giovane è stata portata due uomini dell’organizzazione nella pensione «Dante» di Livorno, nella quale è stata tenuta segregata per evitare che potesse avere contatti con l’esterno e soprattutto per scongiurare che sporgesse denuncia contro i suoi aguzzini. Tuttavia, per le continue e ripetute ribellioni la ragazza era divenuta ormai un pericolo per l’intera organizzazione e pertanto, viene riportata in Romania e affidata agli emissari dell’organizzazione in quel paese. Dopo qualche giorno, i suoi aguzzini in Italia, credendo erroneamente che la donna avesse presentato denuncia alla Polizia, decidono di darle una lezione. Solo il tempestivo intervento dei poliziotti italiani, che allertano i colleghi rumena tramite l’Interpol scongiurano il peggio e salvano la vita della giovane che viene rintracciata nella sua abitazione e trasferita in una località protetta. Ormai certa di essere libera dalla schiavitù non solo fisica, ma anche psicologica dei suoi aguzzini la ragazza decide di collaborare con gli investigatori. Racconta di essere stata contattata in Romania da un suo connazionale che le aveva promesso un buon posto di lavoro in Italia e poco dopo la aveva portata nel nostro Paese, costringendola a prostituirsi.
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