Pisa, 20 gennaio 2010 - Cecìna, chi era costei? A chiederselo, ahimé, sono i pisani. Sempre più abituati a fare i conti con cibi take away, etnici o, orrore, paste precotte e pronte all’uso vendute in distributori aperti 24 ore su 24. Così si dimentica la tradizione e si snatura un centro storico che è cambiato troppo in fretta in questi ultimi anni.

 

Chiudono locali storici come la pizzeria 'Chimenti' in corso Italia e aprono nuovi kebab. Il negozio è l’ultimo di una serie: al posto dello storico Cesqui è nato un punto di cucina Bangla. In via San Francesco da tempo ha serrato le porte un’altra storica pizzeria e nella zona di piazza Garibaldi e piazza delle Vettovaglie sono nati come funghi locali che offrono piatti etnici e veloci. Chiuso un negozio di pasta in Borgo e aperto un kebab.

 

I prezzi sono concorrenziali e gli orari prolungati. Tanto che alcuni stanno pensando a far nascere un comitato per la salvaguardia e la promozione della cecina, la torta di ceci da sempre legata al nome della nostra città. Preparata, ovviamente, come si faceva una volta e accompagnata, magari, da un bicchiere di spuma bionda. "Rigorosamente servita alla spina", dicono dal Montino, forno attivo dal 1800, dove si servono anche soppressata e capocollo. E ancora locali di vestiti che caratterizzavano Pisa hanno lasciato il posto alle catene franchising.

 

Troppe le licenze concesse negli ultimi anni, nel centro. E in modo selvaggio, dicono a gran voce i commercianti storici di Borgo e piazza delle Vettovaglie che hanno iniziato una raccolta per chiedere all’assessore Forte di bloccare le licenze fino all’approvazione del nuovo regolamento. "L’area deve essere riqualificata anche attraverso le licenze, noi siamo d’accordo con la petizione", spiega Maria Grazia Ghelardoni del comitato Vivi la piazza.

 

"Ben vengano gli stranieri — aggiunge — sono persone che lavorano come noi, anzi, spesso hanno più voglia di farlo di noi italiani, ma chiediamo di mantenere le nostre tradizioni. Servono commercianti professionisti e prodotti locali", aggiunge. "In più occorre ridurre il prezzo dei parcheggi a pagamento. E studiare una cartellonistica adeguata per i turisti e magari percorsi per loro. Infine, non mollare sulla sicurezza: i presidi dei carabinieri la sera funzionano. Proseguiamo su questa strada".

 

Loro dello storico Cesqui hanno raccolto la tradizione. Sono i coniugi Dolfi che hanno rilevato una norcineria in piazza delle Vettovaglie. "La famiglia — raccontano — ha venduto il negozio qui accanto, ma ha mantenuto la macellazione vicino al Don Bosco e noi vendiamo i loro prodotti. E’ il trionfo di soppressata, salsicce e testina. Riportiamo la piazza a come era una volta — dice Valentina Dolfi — e speriamo che anche il centro si ripopoli. Noi stessi vorremmo tornare ad abitare nel cuore di Pisa. Siamo scappati tempo fa da via San Martino: era diventata invivibile".

 

Anche alla Pescheria da Ginetto, si trovano baccalà e ceci ammollati e piatti della tradizione. "Il negozio — racconta Federico Falciani — è stato inaugurato il primo novembre del 1937. Sono venti anni che faccio questo lavoro: la piazza è cambiata tantissimo. Per ogni negozio che ha chiuso ne è subentrato un altro di altra natura. Per le nostre generazioni mangiare era una tradizione ora non lo è più, purtroppo, e anche noi ci siamo adeguati. Facciamo il servizio a domicilio".

 

"Hanno dato troppi permessi per aprire locali negli ultimi anni — riflettono Giovanna e Ilaria Mugnai del ristorante Il Campano — e la maggior parte non sono di pisani. Manca la volontà di riportare le persone in centro. I nostri turisti così sono soltanto tocca e fuggi». Un modo di concepire il centro e il commercio — afferma il consigliere Pdl, Filippo Bedini, che paradossalmente, va contro al processo di integrazione di chi viene da noi e probabilmente avrebbe anche piacere di capire chi siamo e, soprattutto, chi eravamo".