L'innocenza perduta della magistratura

Il commento del responsabile della redazione pisana de La Nazione

Tommaso Strambi

Tommaso Strambi

Pisa, 5 febbraio 2017 - «Perché ha ucciso i miei pensieri..., chissà se un giorno potrò scordare». Luca Barbarossa lo cantava pensando a una ragazza a cui avevano rubato l’amore. Nel nostro caso l’innocenza rubata è quella di un bambino. Con difficoltà, e proprio per questo da proteggere ancor più degli altri.

E che, invece, ha incontrato l’orco tra le mura domestiche, come ha stabilito il Tribunale di Pisa che, l’altro ieri. ha condannato il padre a 8 anni di reclusione per aver abusato di quel figlio. Una storia di degrado e di squallore emersa grazie alla denuncia (ai servizi sociali) della mamma (separata dall’uomo) e dei vicini di casa alla Procura. Una condanna pesante (seppur ridotta per il ricorso al rito abbreviato che prevede uno sconto di un terzo sulla pena) che lascia l’amor in bocca. E’ vero che il pubblico ministero in aula aveva chiesto una condanna a 10 anni ed è anche vero che il giudice ha disposto, come pene accessorie, la perdita della potestà genitoriale e del diritto di successione con interdizione dai pubblici uffici.

Un ‘ristoro’ che non potrà mai restituire il sorriso pieno a quel bambino e neppure ai suoi familiari. Sono loro i più provati. Anche perché non è stato facile arrivare a quella sentenza. E qui, sta l’amarezza maggiore. Per anni si sono sentiti come Don Chisciotte della Mancia davanti ai mulini a vento. E hanno consumato tutto il sacco lacrimale.

Lo lasciano trasparire sommessamente, perché nonostante la vita non sia stata tenera non hanno perso la dignità. Anzi. E proprio per questo si sono sentiti traditi, non solo da quell’uomo, che ha abusato del proprio figlio, ma da chi doveva proteggerli e difenderli. La prima denuncia risale, infatti, al 2007, esattamente a dieci anni fa. Ma quel fascicolo era rimasto tale su un tavolo.

Poi dopo qualche anno era finito ‘archiviato’ perché il bambino non era ritenuto ‘credibile’. Poi nel 2012, nel frattempo era passato un lustro, una nuova denuncia e anche questa volta il fascicolo, dopo aver ‘riposato’ a lungo su un tavolo di un magistrato della Procura, è finito nuovamente archiviato per le stesse ragioni della prima volta.

Ma, nel frattempo, le violenze tra quelle mura, come hanno raccontato i vicini di casa, continuavano. C’è voluta una terza denuncia, nel 2015, per far scattare, finalmente, le intercettazioni. Seppure la strada sia risultata lo stesso irta di ostacoli, perché ci si sono messe di mezzo le ferie e qualche incomprensione. Così le intercettazioni sono state solo audio e non video, con tutte le conseguenze del caso. Perché è vero che la sentenza emessa dal giudice, Luca Salutini, trova le sue fondamenta granitiche proprio in quelle intercettazioni ambientali scattate tra le mura domestiche, ma se fossero state complete avrebbero dato maggior vigore alle richieste finali. Alla fine la sentenza (sebbene ancora di primo grado e già i difensori dell’uomo annunciano di essere pronti a presentare appello) c’è stata. Ma quanto tempo è andato perduto.

Proprio come l’amore e l’innocenza di questo bambino le cui ferite faticheranno a rimarginarsi. Non è facile quando siamo di fronte ai bambini comprendere e capire quanto la loro voce sia attendibile. Ma oggi i neuropsichiatri infantili dispongono di strumenti e mezzi per valutare scientificamente i piccoli pazienti.

Ecco, se alla prima denuncia ci si fosse mossi per tempo, forse, si potevano evitare che quelle violenze si perpetrassero per quasi un decennio diminuendo, questo sì, i danni (non solo fisici) che una violenza del genere produce in chi la subisce. Soprattutto se si tratta di un bambino e, per di più, con difficoltà.

Anche perché il contesto di marginalità e degrado in cui si è consumata questa bruttissima storia non costituisce certo un’attenuate generica. Anzi. E’ quell’aggravante che i familiari del bambino non riusciranno mai a superare del tutto nonostante il giudice con la sua sentenza abbia voluto sottolineare la gravità di quanto accaduto. La Giustizia è alla base della convivenza civile. E deve funzionare sempre. A maggior ragione quando le vittime sono bambini e soggetti più deboli. Buona domenica.