"Difendere vita, famiglia e lavoro dal delirio autolesionista della politica"

La riflessione e l’augurio dell’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto

L’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto

L’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto

Pisa, 16 aprile 2017 - Uno dei termini più preziosi del linguaggio cristiano è la parola ‘memoria’ e il ‘fare memoria’ è l’azione che contraddistingue, da sempre, la vita della Chiesa, nella linea della continuità tra l’antica e la nuova Alleanza. Se Mosè aveva comandato al suo popolo di fare memoria degli avvenimenti dell’Esodo e cioè della liberazione di Israele dalla schiavitù dell’Egitto, anche Gesù comanda ai suoi apostoli, durante l’Ultima Cena, di ripetere ciò che Egli aveva fatto in quella sera ‘in memoria’ di lui: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me» (Lc 22,19). Fare memoria, non significa solo ricordare qualcosa che appartiene ormai al passato e che non può più ritornare, bensì per il cristiano, attraverso l’opera dello Spirito Santo, significa rendere di nuovo presente, nei segni sacri della liturgia, il contenuto stesso di ciò che ricordiamo nella fede. Per questo il cristiano non è mai un nostalgico che insegue il passato, bensì è l’uomo e la donna del presente, di un oggi che non potrà mai annullarsi finché la Chiesa continuerà a fare ciò che Cristo le ha comandato di fare in sua memoria. Tutto ciò avviene soprattutto attraverso i segni sacri della Liturgia, ma non soltanto grazie ad essi, perché il cristiano sa bene che se la liturgia non si incarna nella vita, rischia di scadere a rito pur grande e solenne, ma incapace di rendere feconda l’esistenza quotidiana. Da qui, il far memoria della Pasqua di Gesù, se si compie in modo speciale nelle azioni liturgiche, inparticolare nella celebrazione dell’Eucaristia, ha però sempre bisogno di entrare nella vita di ogni giorno come amore offerto a tutti, come servizio donato gratuitamente a chiunque ha bisogno, come accoglienza fraterna per chi si trova in necessità, come capacità di accompagnare spiritualmente chi è alla ricerca di senso per la propria esistenza e come disponibilità ad uscire da se stessi per andare incontro al prossimo, chiunque esso sia. Accanto ai ‘segni sacri della liturgia’ si pongono quindi necessariamente anche i ‘segni sacri della vita’: Pasqua sarà vera e completa quando tutti questi segni avranno piena cittadinanza non solo nella vita personale di ciascuno, ma anche nella vita dell’intera comunità credente. In un clima culturale che sta prendendo sempre più le distanze dalla tradizione cristiana – e lo si vede con l’ampio disconoscimento del valore delle feste cristiane in nome del profitto, come ad esempio, attraverso l’apertura indiscriminata anche a Pasqua di negozi e supermercati o il gioco del calcio o altre attività non indispensabili per assicurare il bene comune, e quindi impedendo a chi è costretto a lavorare a non poter vivere in famiglia nemmeno la Pasqua – in questo clima culturale che non si ricorda più delle proprie radici cristiane, c’è bisogno che i cristiani esprimano con forza e rinnovato entusiasmo le loro ricchezze spirituali attraverso i ‘segni sacri della vita’ e cioè attraverso quella animazione cristiana del mondo di cui ha parlato abbondantemente il Concilio Vaticano II e che si esprime nel fare di tutto per il rispetto della dignità della vita e di ogni vita, nel suo sorgere e nel suo declinare; nella promozione della dignità di un lavoro per tutti; nella difesa della persona, della famiglia e del bene comune, dall’arbitrio e dalla prepotenza di una politica che diventa sempre più autoreferenziale e che in nome di un libertarismo egoista sta frantumando in una specie di delirio autolesionista anche quei valori che la nostra Costituzione ha posto a fondamento della vita sociale della nostra nazione. Auguro di cuore a tutti i membri della Chiesa pisana questa capacità di riproporre con gioiosa generosità, insieme ai ‘segni sacri della liturgia’ cristiana anche i ‘segni sacri della vita’. Se nei primi possono riconoscersi in pienezza solo i credenti, nei secondi, tutti, credenti e non credenti, possono trovare riferimento vitale per un cammino condiviso e solidariamente fraterno.  E’ un augurio che estendo all’intera nostra società, a chi opera per il bene comune e a chi con generoso impegno si fa compagno di viaggio di chi soffre: su tutti invoco la benedizione di Colui che è passato dalla morte alla vita ed ora, Risorto, regna glorioso con il Padre, ma continua ad accompagnarci come fratello universale sulla via del bene. Buona e santa Pasqua per tutti nel Signore!

+ Arcivescovo di Pisa