L'insostenibile leggerezza

Il commento del responsabile della redazione pisana de La Nazione

Tommaso Strambi

Tommaso Strambi

Pisa, 25 settembre 2016 - «Per colpa di Petroni si tifa dai balconi». L’ironia colpisce attraverso uno striscione appeso a un palazzo di via Santo Stefano, proprio dietro la curva Sud. Si gioca anche così la sfida tra Pisa e Ascoli. Una partita inedita dentro un’Arena priva di tifosi. Una gara a porte chiuse per l’incapacità di una società di far fronte ai propri impegni. Perché, in fondo, come sintetizza il lenzuolo bianco appeso fuori da quel balcone, se i cancelli restano chiusi più che gli scontri di Empoli pesa l’insostenibile leggerezza di una società acefala. O meglio, talmente piena di teste, da non avere un rotta ben chiara davanti. «Vogliamo vendere, anzi no. Ma forse sì. Vediamo», balbetta da settimane il ragazzotto diventato amministratore unico a sua insaputa. Ché poi a ben guardare non è neanche così. Perché, dalle visure camerali, alla guida della società resta sempre il di lui padre. Quel Fabio finito agli arresti domiciliari alla fine di luglio con l’accusa di bancarotta fraudolenta e su cui, ora, pesa la richiesta per una condanna a otto anni di reclusione. A nulla sono valsi gli incontri promossi dal sindaco, Marco Filippeschi, per cercare una via d’uscita da quel binario morto in cui è finita la Pisa calcistica. Ma non Pisa. Perché nonostante l’umiliazione di finire espulso dall’Arena, ieri il popolo rossocrociato ha dimostrato ancora una volta di essere di una categoria superiore. Un popolo, o una «grande famiglia» come racconta Silvana al nostro Gabriele Masiero, che merita una società con la S maiuscola. Capace di pagare gli stipendi dei magazzinieri e dei giocatori, di rispettare gli impegni con la Lega e le istituzioni e magari di sognare pure la promozione. In fondo, nonostante tutto e nonostante i Petroni, siamo secondi con altre neo promosse. Ieri, ancora una volta, la città ha fatto quadrato intorno alla squadra. In via Rindi non c’erano solo i ragazzi della Curva, c’erano gli operai e gli avvocati, i commercianti e i medici, c’erano gli imprenditori e gli amministratori pubblici. Nell’Arena chiusa, a parte i giornalisti, c’erano addetti ai lavori e pochi ospiti, non c’era il sindaco e non c’erano gli assessori, non c’erano i consiglieri regionali e i rappresentanti delle Istituzioni. Pisa la sua scelta l’ha fatta. Da tempo e senza esitazioni. Per questa passione i ragazzi di Gattuso hanno lottato come leoni. Daniele Mannini in testa, uscito zoppicante nel secondo tempo. Ma che, poi, al triplice fischio finale è, comunque, rientrato, dolorante, sorretto dai compagni di squadra, per andare a salutare dai gradoni della Nord i tifosi fuori dall’Arena. E quell’abbraccio finale, tra il dentro e il fuori, tra il cuore e la passione, tra la testa e le gambe è la sintesi di un popolo che da settimane vive l’angoscia dell’insostenibile leggerezza di una società acefala. C’è qualcosa di più di un gioco economico-finanziario. C’è un problema e non lo possiamo ignorare. Ma soprattutto non lo possono ignorare le istituzioni calcistiche italiane. C’è una società inadempiente, c’è una squadra con un mister che si allena, combatte e vince e c’è una città che merita di più. Ma occorrono imprenditori veri, pronti a scommettere su un progetto. Se fino a qualche settimana fa Petroni poteva avere tutte le ragioni di questo mondo per decidere autonomamente sulla sua società, oggi qualcosa è cambiato. Non è più il tempo delle parole. E’ suonato quello delle firme. Definitive. Ne prenda atto il giovane Lorenzo e con lui tutti i suoi consiliori. Accetti l’ultima offerta che gli arriverà. E salvi la faccia, insieme al Pisa. Buona domenica.