Tra il Brexit e il bluff meglio "mai una gioia"

Tommaso Strambi

Tommaso Strambi

Pisa, 26 giugno 2016 - La stretta di mano, alla fine, non c’è stata. E nemmeno un abbraccio. L’ultimo è quello del triplice fischio finale al termine della partita di andata Pisa-Foggia nella tribuna dell’Arena Garibaldi. Un abbraccio che qualcuno sperava fosse la fine delle incomprensioni. Invece, da lì, altro non è stato che un insieme di accuse, insulti e ripicche. Reciproche. E così è stato anche venerdì nell’austera sala della Giunta di Palazzo Gambacorti. Sì, perché nonostante il mattino fosse iniziato con una speranza (i 410 mila euro versati da Britaly di Petroni per evitare una penalizzazione da 3 punti ad inizio campionato), in realtà si è trattato dell’ennesimo scontro, dai toni e dalle parole accese. E qualche sorriso, più o meno celato, ad uso di fotografi e cameramen. «Voglio tornare a fare il mio lavoro, a costruire una squadra», ha rivendicato Fabrizio Lucchesi. «Sono pronto a rilevare tutta la società e a liquidare il socio Lucchesi», ha replicato Fabio Petroni. Nel mezzo il sindaco Marco Filippeschi, nella parte di un qualsiasi presidente del Tribunale davanti ad una coppia ormai scoppiata, a implorare il rispetto dei figli (in questo caso il Pisa «patrimonio della città»), ma impossibilitato a riconciliare i due litiganti. E fuori una comunità con il fiato sospeso preoccupata di finire come l’Inghilterra in... ‘Brexit’. Così, oggi, invece di pensare a quale acquisto fare sul mercato per costruire il Pisa da serie cadetta, siamo, sotto la canicola, ad interrogarci come finirà domani. Perché il finale di questa storia, se guardiamo bene, è ancora tutto da scrivere. Da un parte Petroni, si dice pronto a rilevare la quota di Lucchesi ma, per farlo venerdì ha chiamato Londra per avere una linea di credito dai soci inglesi più avvolti di sempre dal fumo di Londra e dallo choc delle Borse. Dall’altra Lucchesi ha fatto intendere di essere pronto a presentare la sua offerta per rilevare le quote di Petroni. E Gattuso? Qualcuno lo ha dipinto nei panni di un ambasciatore, di una colomba pronta a volare, con un rametto di ulivo dai due contendenti. Manca solo Edmondo De Amicis e poi possiamo salutarci. Ma «Cuore» resta sempre un libro, dei buoni sentimenti. Ma questi ultimi appartengono solo ai tifosi, quelli capaci di percorrere migliaia di chilometri lungo lo stivale per incitare i nerazzurri. Non appartengono certo ai protagonisti che sono più dei giocatori di poker. E quindi? Non resta che sperare in una scala reale dove spunti un asso vero. Perché se tutto fosse un bluff allora è meglio ritirar fuori lo striscione «Mai una gioia». Avremo, almeno, ancora un sogno in cui credere. Buona domenica.