I gatti ballano tra le ex baracche, "Ruspe più veloci della Corte"

Dopo lo sgombero AfricaInsieme e Rebeldìa lanciano nuove accuse

COLONIA Due gatti tra ciò che resta delle baracche dell’ex campo della Bigattiera. Nella foto piccola, Sergio Bontempelli e Serena Fondelli

COLONIA Due gatti tra ciò che resta delle baracche dell’ex campo della Bigattiera. Nella foto piccola, Sergio Bontempelli e Serena Fondelli

Pisa, 4 ottobre 2015 - Il silenzio la fa da padrone nell’ormai ex-campo rom abusivo di via Bigattiera, dopo lo sgombero attuato nei giorni scorsi dall’amministrazione comunale. La demolizione delle baracche, costruite nella totale assenza di norme sanitarie e ambientali all’interno della pineta a cavallo tra Tirrenia e Marina di Pisa, è stata accompagnata sia dalle polemiche che da consensi. Da una parte le associazioni AfricaInsieme, Rebeldia e i consiglieri di Sel, che hanno richiesto la sospensione dello sgombero «in quanto privo di soluzioni integrative per le persone rimaste senza alloggi e senza l’urgenza ostentata dal Comune». Dall’altro lato della barricata le istituzioni, che si sono appellate alla legalità, in primis, come alla bomba ecologico-sanitaria del campo. Adesso il grosso del lavoro è ancora da approntare: i resti delle case dovranno essere rimossi, con particolare attenzione per i materiali speciali come l’eternit usato nelle coperture.

Siamo tornati a vedere cosa resta nella pineta che presto ospiterà un campeggio gestito dalla Croce Rossa Italiana gruppo di Pisa. Cataste di bombole mezze piene, cumuli di legna – residui delle baracche – e tubature non più utilizzabili. Tra le macerie si possono scorgere anche cucine in muratura, costruite dagli abitanti del campo, oggetti sparsi ovunque a testimoniare uno stile di vita che ora non c’è più. Alcuni rom, ormai allontanati, tornano sul posto per recuperare quello che non si è rotto: bicchieri, tinozze di plastica, tubi di gomma, rubinetti, qualche materasso. Alcuni rom sono stati spostati con le loro roulotte nel campo di Coltano, altri nelle case del progetto «Città sottili» e dell’ex-Ittiogenico di Marina, altri ancora sono andati dai parenti a Livorno. Altri ancora tornano nel fango per ritrovare i propri gatti, da portare nel posto in cui si è trasferito.

A nulla è servito il ricorso urgente alla Corte europea dei diritti dell’uomo presentato la mattina dello sgombero da Sel e dalle associazioni intervenute in difesa dei rom macedoni della Bigattiera. «L’ordinanza di sgombero è stata emessa di venerdì – spiega Sergio Bontempelli, presidente di AfricaInsieme – e fino a lunedì gli avvocati non potevano lavorare al ricorso. Siamo stati contattati dalla Corte il giorno dello sgombero alle 17, ma ormai le case erano state distrutte e non potevano più procedere a bloccare le ruspe. Il Comune si è fatto scudo con il tema della legalità, ma ha operato al limite della legge per fare questo sgombero». Insieme a Bontempelli, anche Serena Fondelli di Rebeldia, che sottolinea: «L’amministrazione non ha dato soluzioni nei mesi precedenti alla demolizione delle strutture del campo, poi ha dovuto lavorare nella mattina dello sgombero per trovare degli alloggi di fortuna grazie al nostro intervento. Manca la politica dell’integrazione lavorativa e abitativa che serve a evitare questo genere di azioni, ma il Comune non deve puntare il dito contro le associazioni, non siamo noi a dover trovare soluzioni ai problemi della città».