Bambina uccisa, l’Asl 6 informò i servizi sociali. Ecco le carte sul ricovero a Livorno

La mamma di Samantha finì in ospedale per un "trauma cranico"

Il documento che prova la consulenza con la referente del Codice Rosa dell’Asl labronica

Il documento che prova la consulenza con la referente del Codice Rosa dell’Asl labronica

Pisa 4 maggio 2016. «Situazione completamente sconosciuta ai servizi sociali: l’amara verità, dopo ulteriori verifiche, è che nessuno aveva mai segnalato alla Società della Salute che in quella baracca di Calambrone, da diversi mesi, viveva un bambina di tre anni con la madre e il patrigno». L’assessore comunale al sociale e presidente della Società della salute, Sandra Capuzzi, lo ha affermato lunedì pomeriggio. E con lei, anche il sindaco Marco Filippeschi che, ieri, intervistato dal Corriere Fiorentino, rispondendo alla domanda se il Comune sapeva che quella baracca era occupata da soggetti diversi a quelli a cui l’avevano affittata, ha dichiarato che «lo sapeva la polizia municipale. Lo sapevano i carabinieri. Non lo sapevano i servizi sociali, mai chiamati».

Ma la verità è che in realtà, come anticipato da La Nazione già venerdì scorso all’indomani della tragedia costata la vita alla piccola Samantha, la vicenda era nota ed i servizi sociali erano stati informati otto mesi fa. E’ il 30 agosto, infatti, quando Francisca, la mamma di Samantha, viene refertata all’Unità operativa di medicina e chirurgia d’urgenza dell’Asl 6 di Livorno per un trauma cranico. Un ricovero di tre giorni con una prognosi di 20. Dai racconti della donna emerge qualcosa che non quadra nel contesto in cui vive. Una situazione di violenze familiari. Per questo il giorno successivo, quindi il 1 settembre, viene attivata una consulenza con la referente del Codice Rosa dell’Asl labronica (come dimostra il documento che La Nazione pubblica in esclusiva sull'edizione cartacea) che è un’assistente sociale.

Consulenza che viene effettuata alle 17 del 1 settembre dove viene anche fornito il recapito del consultorio. Francisca, però, ha paura del compagno, per questo non se la sente di formalizzare una querela nei suoi confronti. «Cionostante i carabinieri di Tirrenia – spiega il comandante provinciale, il colonnello Andrea Brancadoro – informarono ugualmente l’autorità giudiziaria. Non solo. Lo stesso ospedale di Livorno attivò ritualmente il ‘codice rosa’ previsto dalla legge».

E che questa sia stata la procedura seguita lo conferma anche l’Asl livornese che, interpellata da La Nazione, specifica «di aver attivato il percorso previsto dal Codice rosa, come risulta dal referto», e di aver quindi «trasmesso la segnalazione al servizio sociale del Comune di competenza». Pisa, appunto. Dunque è dall’ospedale di Livorno che è partita la segnalazione di una situazione di violenze familiari che riguardava una donna, madre di famiglia, che viveva nella baracca del Calambrone. Perché i servizi sociali del Comune di Pisa e quelli della Società della salute non ne sanno niente? Dov’è finita la documentazione partita dall’ospedale livornese? Dove si è verificato il cortocircuito per cui, oggi, l’assessore Capuzzi e il sindaco Filippeschi, affermano che «i servizi sociali non sono mai stati chiamati»?

Eppure il referto dell’ospedale con l’attivazione del ‘codice rosa’ e la denuncia all’autorità giudiziaria ci sono. Così com’è avvenuto anche per un’altra vicenda legata ai minori e che ha visto coinvolto sempre il Comune di Pisa, ovvero quella dei maltrattamenti all’interno dell’asilo del Cep. «Con riguardo a quell’indagine – precisa il comandante provinciale dei carabinieri – si è proceduto in presenza di una specifica denuncia, attivando investigazioni direttamente coordinate dall’autorità giudiziaria». Eppure ancora oggi il portavoce del sindaco parla di una ‘gestione pazzesca’ da parte degli inquirenti... «Non so a cosa si riferisca il portavoce del sindaco ma è pacifico che se Piccioni o lo stesso sindaco, qualora il pensiero del portavoce rispecchi il pensiero di Filippeschi, siano in possesso di elementi investigativi di un qualche interesse o rilievo, possono segnalarli nelle sedi opportune. Non ho ancora avuto modo di parlare col sindaco dopo le dichiarazioni del suo portavoce – osserva Brancadoro –, ma posso già dire che le indagini sono state condotte in modo lineare, tanto che, in varie fasi, sono intercorsi contatti con tutti i genitori dei bambini, i quali non hanno mai fatto mancare la loro gratitudine per l’attività dell’Arma in presenza di un quadro di violenza segnalato da una persona priva di compiti afferenti alla didattica».