{{IMG_SX}}Perugia, 8 gennaio 2009 - Percezioni, ma anche constatazioni. L’incombere della criminalità non solo si avverte: lo si tocca con le verifiche del quotidiano. Spaccio, coltelli che ruotano come palline da flipper, aggressioni, rese dei conti, feriti, morti ammazzati. Le pagine dei giornali costrette a prendere atto, a proporre interrogativi, a farsi domande. Perugia è ormai spossessata della precedente immagine?

 

Si corre il rischio delle facili sentenze. Cerchiamo di evitarlo riflettendo assieme ad un ragionatore colto come il professor Paolo Montesperelli, perugino di radici, docente di sociologia alle Università di Firenze e Salerno, abituato ad analizzare i fenomeni sociali anche della sua terra. L’avvio della valutazione è inequivocabile: "Il degrado c’è e ognuno lo constata. Credo, comunque, che vada letto attribuendo all’allarme sociale il disorientamento di una città che ha subìto tali involuzioni in pochissimo tempo. Molto è mutato nel giro di una generazione.

 

Se certe escalation fossero maturate nel corso di tre o quattro decenni, ci avremmo fatto meno caso, ci avrebbero allarmato di meno. Costretti ad abituarci troppo in fretta, siamo portati a sovrastimare una realtà che pure, ribadisco, c’è, però non così prevalente come sembra. Se la mia febbre passa in pochi istanti da 37 a 44 gradi mi impaurisco e chiedo se la malattia è tragica".

 

Proviamo a scendere nel dettaglio: gli eventi e i figuri con i quali si perugini si misurano sol che si affaccino alla finestra di casa…"I fattori di allarme sociale prevalente ruotano attorno alle dipendenze. Da noi le cifre sono da record nazionale. E le droghe determinano vasti indotti molto negativi. Fra l’altro inducono bruschi mutamenti nello stile di vita. Mutamenti che quasi mai sono monopersonali. Dilatano, creano espansioni".

 

D’accordo, la gente tocca con mano anche questa specifica realtà e percepisce l’avanzare di un’insicurezza più generale…"Sta avvenendo da noi ciò che accadde in America negli anni ’50: di fronte al prorompente allargarsi di comportamenti devianti si perdono le mappe cognitive perché, non disponendo ancora delle nuove, si è tentati di utilizzare quelle vecchie".

 

Ok, comunque mappe o non mappe, la difficoltà interpretativa nasce anche dal fatto che le deviazioni che ci assalgono sono proprio tante…"Qui il discorso è semplice e complesso al contempo: ci troviamo tutti esposti al modello sociale del più alto benessere, ma non abbiamo i mezzi per raggiungere quei traguardi. Dunque alcuni sono portati a deviare. Anche perché latitano i punti di riferimento".

 

E’ la ribadita denuncia sul crollo dei valori? "Non credo che esista una società priva di valori. Oggi, anche a Perugia, i valori si sono mescolati. La città si è metropolizzata e nelle metropoli tutto è periferia, tutto si mischia. E’ una fase di transizione, nella quale, sia chiaro, emergono pure testimonianze splendide legate all’associazionismo, al piacere della cultura, al volontariato, alla voglia di auto organizzarsi. La transizione, qui e ovunque, non è mai eterna".