{{IMG_SX}}Perugia, 20 giugno 2008 - E’ entrato scortato da un cellulare della polizia penitenziaria dall’ingresso secondario del tribunale di Perugia. L’imputato è Roberto Spaccino, l’ex camionista di Marsciano accusato dell’omicidio della moglie Barbara Cicioni, 33 anni, uccisa nella villetta di Compignano la notte tra il 24 e il 25 maggio dello scorso anno, quando la donna era all’ottavo mese di gravidanza.

 

Per Spaccino, ieri, è iniziato il processo davanti alla Corte d’Assise di Perugia. Nel procedimento si sono costituiti parte civile la mamma e il papà della vittima, Simonetta Pangallo (difesa dall’avvocato Valeriano Tascini) e Paolo Cicioni (avvocati Francesco Falcinelli e Loretta Internò). Ammesse dalla Corte - presieduta da Giancarlo Massei, a latere Andrea Battistacci con sei giudici popolari di cui due donne - anche due associazioni per la difesa dei diritti delle donne: 'Telefono rosa' e 'Comitato internazionale 8 marzo', nonché gli zii Elisa e Massimo Buconi.

 

Riprese tv e foto sono state vietate: "Il diritto di cronaca è sacro - ha tenuto a puntualizzare il pm Antonella Duchini - ma esistono eccessi che vanno limitati, anche perchè Niccolò e Filippo (i figli della coppia che hanno 9 e 5 anni, ndr) sono parte offesa in questo procedimento". Le 136 persone per le quali era stata avanzata da parte dei difensori dell’imputato la richiesta di prendere parte al processo come testimoni sono sembrate 'sovrabbondanti' sia al pm che ai giudici, che ne hanno concordate 'solo' 60, escluse quelle in comune con la pubblica accusa.

 

I primi dieci testi scelti dal pubblico ministero inizieranno a deporre il prossimo 11 luglio, seconda tappa del processo nel quale Spaccino, difeso da Luca Gentili e Michele Titoli, dovrà difendersi dalle accuse di omicidio volontario, maltrattamenti in famiglia contro la moglie e i figli e procurato aborto della terza figlia che stava per nascere. Spaccino ha sempre sostenuto che, nel momento in cui la moglie veniva uccisa, lui non si trovava in casa ma a fare un lavoro nella loro lavanderia.

 

Ha quindi ipotizzato che qualcuno entrò nella villetta durante la sua assenza, approfittando forse di una persiana lasciata semiaperta. Secondo l’uomo, la moglie morì quindi nel corso di un furto o di una rapina. Agli inquirenti l’ex camionista ha riferito che una volta rientrato trovò la donna ormai deceduta, in camera da letto. Secondo la ricostruzione accusatoria, invece, Spaccino (arrestato il 29 maggio 2007 dai carabinieri), avrebbe ucciso la moglie al termine dell’ennesima lite.

 

In particolare, ritengono gli inquirenti, percosse e soffocò la donna, provocandone la morte, simulando successivamente una rapina per sviare i sospetti. L’ex camionista di Compignano su una cosa, almeno, è riuscito a mettere d’accordo accusa e difesa: "Non è affetto da problemi psichici". Su tutto il resto, però fa discutere. Continuerà a essere battaglia vera in aula, e l’udienza di ieri è stata solo un’anticipazione di quello che succederà quando inizieranno a essere sentiti i testimoni.

 

La pubblica accusa non crede all’ipotesi della rapina sostenuta invece dagli avvocati dell’imputato (in un sopralluogo vennero trovati dei gioielli), e ha anche chiesto un ulteriore sopralluogo, stavolta dei giudici, nella casa. Nonostante il teatro del delitto, dopo il lavoro dei Ris, sia ormai ampiamente modificato.

 

Dopo un braccio di ferro durato per mesi, finalmente, i piccoli Nicolò e Filippo che erano stati temporaneamente ospitati in una casa famiglia a Passignano sul Trasimeno, sono stati affidati a Pier Francesco Pangallo, il fratello della nonna materna. Vivono a Roma e Simonetta può andare a trovarli quando vuole. Al padre Roberto, invece, non è consentito di vedere i figli.

 

Per questo i suoi avvocati stanno preparando un ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo. In concomitanza con la prima udienza del processo, davanti al palazzo di giustizia di piazza Matteotti e durante un sit-in promosso dalla 'Rete delle donne umbre', sono stati esposti da una quindicina di ragazze cartelli e striscioni, con slogan contro i maltrattamenti e la violenza che subiscono le donne tra le mura domestiche . Alcune di loro si sono lamentate del fatto che in questa regione non ci sono sufficienti supporti per aiutare le donne, proteggerle e supportarle nella denuncia.