Giovedì 18 Aprile 2024

Pensioni, il prelievo può attendere. L'inflazione zero 'regala' 2 miliardi

L'Inps calcola il tesoretto 2015 col mancato aumento degli assegni

Il ministro del lavoro Giuliano Poletti (LaPresse)

Il ministro del lavoro Giuliano Poletti (LaPresse)

Roma, 22 agosto 2014 - ALMENO due miliardi di risparmi previdenziali per il 2015 sono già in cascina o quasi senza bisogno di nuovi prelievi, ricalcoli, contributi e altre forme, più o meno nascoste, di tassazione delle pensioni. Un’inflazione media 2014 prossima allo zero produce, infatti, una sterilizzazione — di fatto un azzeramento — degli aumenti dei trattamenti per il prossimo anno. E, secondo le stime dell’Inps, questo si traduce in un risparmio secco di circa due miliardi di euro: ogni punto di indicizzazione vale la cifra indicata. E, naturalmente, il mancato incremento si proietta strutturalmente, in termini di minore spesa, anche negli anni successivi. MA, al di là del "caso 2014-2015", la via della sterilizzazione della rivalutazione delle prestazioni pensionistiche rimane la strada maestra dei possibili interventi finalizzati a recuperare risorse dal capitolo previdenza, anche per quanto riguarda il dossier "pensioni d’oro". Il ricalcolo con il metodo contributivo delle rendite elevate liquidate con il sistema retributivo, oltre a essere molto opinabile sul piano costituzionale, presenta difficoltà tecniche che, per il pubblico impiego, sono addirittura insormontabili. Il contributo di solidarietà — peraltro già bocciato dalla Consulta nella versione varata dal governo Berlusconi — è già operativo per le pensioni sopra i 91mila euro nella formula introdotta dal governo Monti: il che vuol dire che ogni ulteriore iniziativa in materia — finita comunque sotto una valanga di critiche in questi giorni — non potrebbe che toccare anche le pensioni d’argento e magari di bronzo (tra i 2.500 e i 3.500 euro mensili). Interventi sulla indicizzazione delle prestazioni, invece, oltre a non comportare censure sul piano costituzionale, non determinano tagli diretti agli importi (ma mancati incrementi).

Non a caso, proprio in ambito Inps, è stata messa a punto, tra le altre, anche una simulazione sugli effetti finanziari derivanti da un’eventuale introduzione del blocco della indicizzazione per le fasce di reddito pensionistico superiori a otto volte il trattamento minimo (circa 4mila euro lordi mensili). Ebbene, ipotizzando un’inflazione al 2% l’anno, una misura di questo tipo genererebbe circa un miliardo e 400 milioni di euro di risparmi lordi tra il 2016 e il 2020. Le regole attuali prevedono, per il biennio 2015-2016, che la perequazione automatica venga attribuita al 100% per i trattamenti complessivi fino a tre volte il trattamento minimo (1.500 euro mensili); al 95% per quelli da tre a quattro volte il trattamento minimo; al 75% per quelli da quattro volte a cinque volte il trattamento minimo; al 50% per quelli da cinque a sei volte il trattamento minimo e al 45% per i trattamenti complessivi superiori a 6 volte il trattamento minimo. 

DAL 2017 la rivalutazione è stabilita al 100% per la fascia di importo fino a tre volte il minimo; al 90% per la quota compresa tra tre e cinque volte il minimo e al 75% per la quota oltre cinque volte il trattamento minimo. La misura ipotizzata, al di là della variabile inflazione, finirebbe per operare sulle rendite medio-alte, ma senza ricorrere a prelievi straordinari che sono fonte di contenzioso e di verosimili nuove bocciature da parte della Corte costituzionale.

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