Oscar 2016, vincitori e vinti. DiCaprio rompe l'incantesimo

Il cinema italiano ringrazia Morricone e resiste nelle prime file europee

Il cast de 'Il caso Spotlight' (Afp)

Il cast de 'Il caso Spotlight' (Afp)

Los Angeles, 29 febbraio 2016 - 64-2-1-5 Sono questi i numeri usciti sulla ruota di Hollywood. La cerimonia degli Oscar di ieri sera si è conclusa con il meritato trionfo del nostro compositore Ennio Morricone che ha ottenuto il sessantaquattresimo Oscar per il cinema italiano (films&people) e il suo secondo personale dopo quello alla carriera ricevuto anni fa che aveva riempito un vuoto ingiusto. Attraverso Morricone che, per The Hateful Eight, ha firmato una partitura intensa tanto pregnante quanto lontana dai suoni degli western di Leone, il cinema italiano ottiene una ricompensa importante sufficiente per tenerlo ancora nelle prime file europee.

Un’altra attesa conferma è giunta dal primo Oscar di Leonardo DiCaprio. Era scontato anche se la storia dell’Academy è costellata di sorprese. Per portare a casa l’agognata ricompensa l’attore ha dovuto abdicare ai ruoli pieni di glamour e di avvenenza fisica per diventare brutto e sporco fino indossare i panni di un personaggio a cui non si può negare empatia. La performance fisica ha insomma rotto l’incantesimo (e non è certo la prima volta) permettendo a Leonardo DiCaprio di agguantare la statuetta giusto intorno ai quarant’anni data limite per non incrementare una pericolosa leggenda in negativo. Il fatto poi che l’abbia ottenuta con un regista non yankee e con Revenant, un film in cui la Natura (per la cui sopravvivenza DiCaprio si batte da anni) è la vera coprotagonista, aggiunge, se possibile, emotività.

Cinque è il numero di statuette andate a Mad Max: Fury Road che è così il film più premiato di questa edizione. Curiosamente per una volta il film più premiato è anche quello che non ha ottenuto nessun Oscar tra i più significativi. Scenografia, montaggio, montaggio sonoro, costumi e trucco parlano di una confezione accurata più che di un film ispirato. Se ne potrà rammaricare George Miller ma innegabilmente il suo film è fuori dagli standard emotivi frequentati dall’Academy mentre, evidentemente, rientra in quella dei valori tecnici.

Miglior film Spotlight e miglior regia Alejandro González Iñárritu (aveva vinto anche lo scorso anno) erano prevedibili e dimostrano che da un pezzo a questa parte si è imparato a riconoscere il valore del lavoro di team e quello del regista-autore. Una divisione che la vecchia Hollywood non avrebbe mai tollerato come dimostra la storia degli Oscar che quasi sempre ha attribuito i due premi allo stesso film,

L’unica vera sorpresa viene dall’Oscar della migliore attrice. Brie Larson che con Room, film difficile perché fra quelli non esattamente amati a Hollywood, esce da una teoria di secondi ruoli in buoni film o di primi ruoli in film secondari. Un successo da outsider a cui va forse abbinato quello per attrice non protagonista attribuito a Alicia Vikander (The Danish Girl) ultima svedese a alimentare il successo hollywoodiano della stirpe di Greta Garbo e Ingrid Bergman.

Il figlio di Saul miglior film straniero non stona. L’opera prima di László Nemes ha molti meriti ma non ha quella ricchezza cinematografica (in termini di maturità espressiva) degli ultimi Oscar. Ci si potrebbe a buon diritto chiedere cosa sarebbe potuto accadere se al posto di Non essere cattivo, scelta come non mai sciagurata, l’Italia avesse presentato Mia madre.