Omicidio di Garlasco, oggi parola ai legali della famiglia Poggi: "Ci sono 11 indizi contro Stasi"

Gli avvocati della famiglia della vittima snon hanno chiesto il risarcimento che Stasi dovrà versare alla famiglia Poggi se verrà condannato per l'omicidio di Chiara: "Ci siamo rimessi alal valutazione della Corte per la quantificazione" di Gabriele Moroni

Alberto Stasi

Alberto Stasi

Garlasco (Pavia), 27 novembre 2014 - Nuova udienza a porte chiuse del processo d'appello bis che vede imputato Alberto Stasi per l'omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto del 2007.  

Per l'omicidio lunedì scorso il pg Laura Barbaini ha chiesto alla Corte d'Assise d'Appello di condannare l'ex studente bocconiano a 30 anni di carcere. Oggi a prendere la parola èstata invece la parte civile rappresentata dagli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna i quali hanno evidenziato, nella loro ricostruzione, gli undici indizi che a loro avviso portano a concludere per la colpevolezza di Stasi e a sottolineare le presunte bugie e omissioni da parte del giovane commercialista per tentare di ostacolare le indagini. Gli avvocati non hanno chieto il risarcimento che Stasi dovrà versare alla famiglia Poggi se verrà condannato perl'omicidio di Chiara. Tizzoni ha detto: "Il compito della parte civile è stato dopo tanti anni di chiedere giustizia per Chhiara. Ci siamo rimessi alla valutazione della Corte per la quantificazione del risarcimento e perché stasi sia condannato alal pena di legge".

"11 INDIZI CONTRO STASI" - Gli indizi forniti dall'avvocato Francesco Compagna, escono sostanzialmente rafforzati da questo processo in quanto sono state eseguite nuove perizie disposte dalla corte d'Assise d'Appello con la rinnovazione del dibattimento. Di questi, nove sono già noti, mentre due si sarebbero aggiunti durante quest'ultimo 'capitolo' dell'intricata vicenda. Una delle novita' consisterebbe nei presunti graffi "freschi" sul braccio sinistro di Stasi, di cui non esistono fotografie, ma la cui presenza e' stata confermata da due carabinieri sentiti nell'ambito dell'appello bis. L'altro indizio 'inedito' sarebbe l'individuazione della marca, del modello e del numero, il 42, come quello di Stasi, delle scarpe con la suola a pallini le cui impronte sono state rinvenute sulla scena del delitto. Gli altri indizi riguardano il dna sul pedale della bicicletta di Alberto Stasi, rinforzato perché il pedale non è di serie; l'impronta digitale del giovane sul dispenser del bagno dove si è lavato l'assassino, rinforzato dal fatto che sono state adesso evidenziate le macchie dei polpastrelli insanguinati rimaste sulla spalla del pigiama di Chiara; il rapporto confidenzialità tra Chiara e il presunto assassino Alberto, rinforzato dalle ulteriori indagini su altre persone (amici/parenti). Altri indizi sono la criticità dei rapporti tra i due ragazzi e l'assenza di alibi, che però, pur esistendo, non hanno subito alcun rafforzamento. Al contrario, l'indizio delle scarpe di Alberto Stasi rimaste pulite dopo la scoperta del corpo della fidanzata e l'assenza di queste tracce sulle macchie secche e/o umide e sul tappetino dell'auto ne esce completamente rafforzato grazie alla perizia Testi Bitelli Vittuari. Inoltre, le falsità del racconto di Stasi (viso bianco, mancata visione del lago di sangue intorno al corpo, etc.) si è rafforzata in relazione allo scivolamento del corpo che sarebbe durato pochi secondi, e quindi un tempo in cui l'assassino ha potuto vedere sostanzialmente la posizione finale lungo le scale. Ci sono poi la telefonata al 118 e la bicicletta nera non dichiarata (adesso non ne ha dichiarate almeno due e Marchetto ha mentito). 

Nel corso dell'udienza, quindi, i legali di parte civile hanno ricapitolato tutte le ragioni per le quali Stasi non può che essere l'omicida della fidanzata. In particolare, per l'avvocato Compagna, "una volta che possiamo stabilire che questa presunta scoperta del cadavere da parte di Stasi non c'é stata perché non era possibile attraversare la scena del crimine" senza sporcarsi le scarpe di sangue, "nè senza lasciare tracce, nè in termini di impronte, nè di trasferimento di sangue e di altre prove", vuol dire che l'imputato "ha raccontato agli inquirenti quello che sapeva per essere stato l'artefice dell'omicidio". "Il percorso che lui dice di aver fatto in quella casa - afferma - coincide a quello fatto dell'assassino". Subito dopo il legale Francesco Compagna, ha preso la parola la parola l'altro avvocato di parte civile, Gian Luigi Tizzoni, che ha concluso associandosi alla richiesta già formulata dalla Procura Generale di condannare Stasi a 30 anni di carcere. Rita Poggi, ha commentatao: "Speriamo che dopo sette anni ci sia giustizia per Chiara".

di Gabriele Moroni