Olio tunisino, le tre lezioni da imparare

Il commento

12 marzo 2016 - Il voto del Parlamento europeo sull’importazione a dazio zero di olio d’oliva dalla Tunisia non ci ha lasciato soltanto la solita polemica politica tra Pd e opposizioni, ci ha lasciato anche tre importanti lezioni di cui dovremo far tesoro nel prossimo futuro.

La prima riguarda il sistema dei controlli. La comprensibile paura suscitata nei produttori italiani di olio (e negli stessi consumatori) dalla decisione di favorire le esportazioni tunisine nel nostro Paese si spiega anzitutto con l’inefficacia degli attuali strumenti di controllo della filiera olivicola. Con o senza dazio, l’olio tunisino arriva già in Italia e continuerà ad arrivare, qui come negli altri mercati europei. Ciò che possiamo fare è lavorare in modo più deciso sul controllo della filiera e sulle certificazioni di origine dei prodotti impiegati. Gli emendamenti presentati dalla delegazione Pd al Parlamento europeo andavano proprio in questo senso. Non dobbiamo dimenticare che una grande parte delle frodi in questo settore vede sul banco degli imputati olio di origine europea spacciato per italiano: risale proprio a qualche giorno fa la notizia di una grossa partita di olio greco diretta a una ditta toscana. Serve quindi un sistema di controlli più efficace, a livello italiano e a livello europeo, che impedisca non solo all’olio tunisino ma anche a quello spagnolo, greco o portoghese di diventare olio italiano.

La seconda lezione riguarda le regole del commercio internazionale. Quando si tratta di delineare le strategie commerciali nei confronti dei Paesi vicini, troppo spesso l’Europa sceglie di percorrere la via più semplice: quella dell’aumento o della riduzione dei dazi. Anche in questo caso, l’obiettivo sacrosanto del sostegno a una Tunisia sempre più a rischio instabilità è stato perseguito nel modo sbagliato. L’azzeramento dei dazi può dare sollievo all’economia tunisina nei prossimi due anni (mettendo al tempo stesso in difficoltà i Paesi dell’Europa mediterranea) ma non aiuta a risolverne i problemi strutturali. Serve un approccio diverso nei confronti dei Paesi extra-Ue, incentrato sulla cooperazione internazionale. Nel rapporto con la Tunisia, proprio l’Italia avrebbe potuto giocare un ruolo fondamentale, sostenendo la produzione olivicola di quel Paese attraverso le proprie aziende, la propria tecnologia ed il proprio know- how.

La terza lezione che ci viene dalla decisione sull’olio tunisino è una lezione politica: sventolare la propria bandiera nazionale serve forse a uscire sulle prime pagine dei quotidiani in patria, ma non a ottenere risultati concreti in sede europea. Se le intere delegazioni nazionali di Spagna, Grecia, Portogallo, Malta e Italia avessero votato compattamente contro l’import di olio tunisino, non sarebbe bastato comunque ad avere la maggioranza in Parlamento. Gli unici miglioramenti sono venuti grazie agli emendamenti votati dal gruppo dei Socialisti & Democratici, compreso quello che ha confermato il carattere emergenziale della misura, limitandola a due anni. Miglioramenti non sufficienti, comunque, a farmi votare a favore. Insomma, meglio diffidare da coloro che in Europa sbraitano ergendosi a paladini della causa nazionale: quasi sempre lo fanno per mascherare la propria irrilevanza politica.

Nicola Danti è europarlamentare del gruppo dell'Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici