GENTILE DIRETTORE, ogni volta che accade una tragedia sulle piste dedicate ai moderni gladiatori dell’automobilismo e del motociclismo tutti si fermano pensosi e si stracciano le vesti. Qualcuno chiede che questo circo — rumoroso e sanguinoso — si fermi. Poi però tutto si oblìa e si torna alla normalità. Non capendo che il problema è un altro: sono i genitori che spingono i ragazzini (dalla più tenera età) a sfrecciare sui bolidi mettendo repentaglio la loro vita e preparando le tragedie future.
Nuccio Losito, via mail

CARO NUCCIO, ha sempre colpito anche me la disinvoltura con la quale tanti genitori mettono in sella alle moto i propri figli, sperando che diventino campioni; li accompagnano sulle piste, li incoraggiano, felici che corrano sempre più veloci. Forse solo chi ha addosso quella febbre, capisce la passione che annebbia anche gli affetti. Non so che cosa scatti nella loro testa di così forte, da annullare l’istinto protettivo di un padre: non vorrei semplificare la questione, ma somiglia a qualcosa di anomalo. Probabilmente c’è anche il desiderio di assecondare la volontà del figlio, sedotto da uno sport che è comunque affascinante; magari c’è la gioia di condividere una passione, che è più violenta del pericolo. Fermare il circo come lei chiede, mi sembra molto complicato: sono troppi gli interessi in ballo, troppo esteso il business che va oltre ogni altro valore. Semmai si potrebbe proporre di innalzare il limite di età per poter praticare questi sport ad alto rischio. Ma in una società come la nostra è sempre più difficile anteporre il rispetto della vita alle leggi del guadagno.