"La Barbera cercava Riina in città"

Le clamorose rivelazioni dell'ispettore Guido Ripa nel nuovo libro di Stefania Limiti

Totò  Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra

Totò Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra

Montecatini 18 maggio 2017 - «Arnaldo La Barbera, questore di Palermo, arrivò a Montecatini pochi giorni prima della strage di via D'Amelio, nel luglio del 1992. Insieme ad alcuni agenti di fiducia cercava Totò Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra, ed ebbe il supporto del commissariato di Montecatini per tutto il tempo che trascorse qui». La sconvolgente rivelazione arriva dall’ispettore Guido Ripa, per circa trent’anni in servizio in città, adesso al Reparto mobile di Firenze, ed è contenuta nel nuovo libro della giornalista Stefania Limiti, dal titolo «La strategia dell’inganno», oggi in uscita per la casa editrice Chiarelettere

 

Il poliziotto trascorse alcuni giorni insieme al dirigente del capoluogo siciliano e ai colleghi che arrivarono insieme a lui. Poi, non appena giunse la notizia della strage di via D'Amelio, dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta, il capo della polizia Vincenzo Parisi inviò un elicottero a Firenze per consentire al dirigente di tornare al più presto possibile nell’isola. Resta aperto il mistero dei motivi che avessero spinto un investigatore di razza come La Barbera, uomo avveduto e molto pratico, a venire fino a Montecatini per cercare di prendere Riina.

 

Il capo dei capi di Cosa Nostra sarà arrestato soltanto il 15 gennaio del 1993 dagli uomini del Crimor, una squadra del Reparto operativo speciale ( Ros) dei carabinieri, guidata da Sergio Di Caprio, il celebre capitano Ultimo. Sulle modalità che hanno portato all’arresto del boss mafioso restano ancora aperte pesanti polemiche, mentre il processo per la presunta trattativa stato-mafia procede. Ma la domanda che interessa Montecatini in modo particolare è quella relativa agli effettivi interessi giocati da Cosa Nostra e altre organizzazioni mafiose in questo territorio.

 

Qualcuno ricorda ancora quando i cugini Salvo, i titolari dell’appalto per la riscossione delle tasse in Sicilia, e Vito Ciancimino, sindaco di Palermo, trascorrevano i loro soggiorni a Montecatini. Il dubbio che non si trattasse di vere vacanze, ma di riunioni per decidere dove spendere i soldi che questi personaggi, legati a doppio filo con Cosa Nostra, riuscivano a guadagnare, resta aperto. Del resto, poi, anche quando sono arrivate organizzazioni criminali diverse a svolgere attività economiche con soldi sporchi sul territorio, i siciliani, seppur indirettamente sono apparsi spesso. 

 

È il caso dell’ex Hotel Paradiso, a Montecatini Alto, che oltre vent’anni fa è stato confiscato alla Banda della Magliana. I personaggi conosciuti dal grande pubblico grazie al «Romanzo criminale» di Giancarlo De Cataldo erano legati a Giuseppe Calò, il cassiere di Cosa Nostra. Potrebbe essere assai verosimile che sia stato lui a consigliere numerosi investimenti per ripulire il denaro sporco. Tra questi potrebbe esserci anche l’acquisto e la prosecuzione dei lavori legata all’immobile

 

La storia dell’infiltrazione mafiosa nelle attività economiche della nostra città ha conosciuto ulteriori, eclatanti capitoli, come l’acquisto del Kursaal da parte della Camorra. Ma, probabilmente, la storia completa di queste vicende deve essere ancora scritta. Con la speranza che la politica locale e nazionale, dalla maggioranza all’opposizione, insieme alle forse abbia ormai acquisito gli anticorpi necessari affinché tutto questo non possa ripetersi più.