Montecatini 17 aprile 2013 - «Dopo 25 giorni di carcere cominciavamo a perdere le speranze di uscirne» A dirlo sono i fratelli Alfonso e Raffaele Falzarano, che hanno festeggiato la libertà lunedì scorso, nel giorno del compleanno di uno dei due.

I fratelli monsummanesi erano stati arrestati lo scorso 22 marzo in seguito all'inchiesta Amateur sul doping nel ciclismo condotta dai Nas di Firenze e dalla procura di Massa, insieme all'amico d'infanzia Michele Sgambato, rilasciato nella settimana di Pasqua e il napoletano Carmine Galletta. Adesso cercano di ripartire da zero con l'aiuto delle compagne e della mamma Immacolata e scelgono di raccontare la loro vicenda.

Vi aspettavate questo epilogo?
«No – risponde Alfonso, 37 anni ciclista di professione – passavano i giorni in prigione a Pistoia e pensavamo che ci avrebbero abbandonati lì, presi come capri espiatori di tutta la vicenda a cui siamo estranei mentre invece ad altri è toccata una sorte migliore. La legge non è uguale per tutti»

Siete stati rilasciati dalle accuse di associazione a delinquere, eppure c'erano delle intercettazioni...
«Le intercettazioni – continua Alfonso – possono trarre in inganno. Io parlavo, ad esempio, di ruote di biciclette e chi ha condotto le indagini ha creduto fossero parole in codice. Di 25 persone indagate, di almeno 20 di loro non so nemmeno che faccia abbiano»

E le perquisizioni a casa?
«Non hanno trovato uno spillo – dicono i fratelli – e ci dicevano di collaborare. C'è tanta invidia nel mondo del ciclismo e tanti pregiudizi sul doping. Si pensa che i ciclisti siano tutti drogati ma in realtà è lo sport con più controlli, anche a sorpresa, degli altri»

Adesso cosa farete?
«Dopo l'arresto sono stato licenziato – ha detto Raffale – dalla società ciclistica per cui lavoravo come meccanico. Ho una gamba del tutto invalida per un incidente in bicicletta da cui sono uscito per miracolo, una bambina di 8 anni ed una moglie incinta. Spero di poter trovare lavoro o che mi diano quello che mi spetta come invalido. Per 10 minuti di notorietà ai telegiornali, queste persone che conducono le indagini non sanno quanto rovinano le famiglie. Mio fratello per adesso corre e spera di farlo fino ad ottobre, ma non conosciamo ancora cosa deciderà la società. Non vogliamo che ci sia puntato il dito contro – ha aggiunto Alfonso – per qualcosa che non abbiamo fatto».

Qual'è stato il primo pensiero quando avete sentito chiudere dietro di voi le porte della prigione a Pistoia?
«Il primo è andato ai nostri affetti, la fidanzata, la moglie, la mamma – dice Alfonso – Non potevamo dir loro che stavamo bene e ci preoccupavamo. Abbiamo avuto paura. Veramente tanta, anche per tutto quello che si vede in televisione sulle carceri. Anche la visita di Pannella in cella – aggiunge Raffaele – non ci aveva tropo incoraggiato tanta era la paura. Io non sapevo come fare con mia figlia, che certamente aveva capito cosa accadeva, anche se le dicevano che ero fuori per lavoro»

Volete dimenticare i 25 giorni in carcere?
«No. Vorremmo che fuori si sapesse – chiude Alfonso – che dentro abbiamo trovato tanta umanità tra i detenuti. Eravamo disperati e all'inizio ci hanno persino rifatto il letto e dato da mangiare»

Adesso che siete liberi volete ringraziare qualcuno?
«Si, i nostri avvocati del foro di Massa Ferdinando D'Aniello e Sara Ciuffi che sono stati di grande umanità e, a Monsummano, Giovanna Pazzini, titolare di nostra madre, che l'ha sostenuta moralmente e concedendole molti permessi»

Arianna Fisicaro