Montecatini, 30 settembre 2010 - Fughe d’amore (clandestino) con arresto: e sì, perché gli incontri, in hotel, avvenivano in orario di servizio. I domiciliari sono toccati a lui, ispettore della polizia municipale di 62 anni, a capo dell’ufficio contravvenzioni del Comune di Monsummano. Lei, 54 anni, è un’impiegata amministrativa dello stesso ufficio, con la quale l’ispettore lavora fianco a fianco da svariati anni. Una storia dai contorni boccacceschi, che parrebbe un pettegolezzo da bar, se non fosse vera. Un’affettuosa amicizia di lunga data, quella tra i due, almeno a giudicare dagli elementi messi insieme dai carabinieri che hanno cominciato a tenere d’occhio la coppia dall’inizio dell’anno.

Voci insistenti sulla relazione in paese c’erano, ma l’inchiesta è scattata quando è saltato fuori che gli incontri tra i due, in un hotel di Serravalle, a pochi chilometri da Monsummano, avvenivano anche in orario di servizio. Gli accertamenti non hanno lasciato spazio a dubbi. Non solo. La cosa andava avanti da tempo, almeno da cinque anni, questo dicono — secondo quanto raccolto dai carabinieri — i documenti.

E qui la lunga vicenda sentimental-lavorativa deve essere descritta con i freddi numeri delle presenze dei «clandestini» nell’hotel, quando uno dei due, o tutte e due, dovevano essere invece nel certo meno accogliente e più noioso ufficio contravvenzioni. Più grave la posizione dell’ispettore — 30 anni di anzianità, descritto da tutti come molto rigoroso e scrupoloso sul lavoro — che ha accumulato secondo l’accusa oltre 100 assenze ingiustificate dal servizio. L’impiegata invece è stata sorpresa solo una ventina di volte.

Quindi per lei i magistrati hanno optato per l’obbligo di dimora a Monsummano, dove entrambi abitano con i rispettivi coniugi. Il calcolo a sostegno dell’accusa di truffa aggravata ai danni del Comune (in quanto pubblici ufficiali in servizio e con il cartellino timbrato come se fossero al lavoro) parla di circa 300 ore pagate per lui e una settantina per lei, sottratte però all’impegno effettivo per l’ufficio. Gli inquirenti hanno anche voluto quantificare il «danno»: siamo sui 10mila euro indebitamente percepiti, come recita il linguaggio burocratico.

«Fughe» comunque che di clandestino avevano davvero poco ed erano quasi routine: l’ispettore utilizzava anche l’auto di servizio per raggiungere l’hotel — magari parcheggiata un po’ defilata per prudenza — entrava con la divisa addosso, si registrava regolarmente al pari della collega, pagava la camera per 2 o 3 ore. Insomma erano ormai degli habitué: stesso posto, ma non stessa ora e stesso giorno. Gli accordi per gli incontri dipendevano dai turni. Fatto sta che i carabinieri hanno notato un’assuidità maggiore di pomeriggio, quando allo sportello gli utenti erano meno.

Ieri mattina il patatrac: i carabinieri sono entrati al comando con discrezione — così come con accortezza erano state svolte le indagini tanto che nessuno aveva avuto sentore di niente — e hanno notificato le misure cautelari, chieste dal sostituto procuratore Luigi Boccia e firmate dal gip Roberto Tredici. La reazione è stata di grande stupore, ma nessuno dei due ha detto una parola.

Disorientato e ancora frastornato lo stesso sindaco Rinaldo Vanni, alla guida di una giunta di centrosinistra dal 2009, dopo aver trascorso tutta una carriera da dirigente nello stesso Comune: «Mi sembra un brutto incubo: spero che le persone coinvolte possano uscirne nel modo migliore possibile». Subito sospesi dal lavoro tutti e due.