Massa Carrara, 15 febbraio 2013 - Cave e rischio ambientale: il gruppo «No! al Traforo», nato a seguito dell’ipotesi di costruire un traforo che congiungesse la costa Apuana con l’Alta Garfagnana, intende mantenere viva l’attenzione sulle Alpi Apuane e sui rischi per l’ambiente e la salute legati all’attività estrattiva. Per questo ha realizzato un dossier che prende in esame molteplici criticità delle nostre montagne: marmettola, rifiuti in cava e discariche abusive, inquinamento del suolo e delle acque superficiali e di falda, arrivando fino a ipotizzare un nuovo “futuro” economico per le Apuane. A Venanzio Ricci, Franca Leverotti, Andrea Ribolini, Nicola Cavazzuti e Marcello Cantoni, cinque degli attivisti del gruppo che hanno contribuito a stilare il dossier, abbiamo rivolto alcune domande.

Qual è lo scopo del dossier?

«Mettere in chiaro quello che succede sulle nostre montagne. Le Apuane sono un bene comune che dobbiamo riconsegnare alla comunità che lo vive garantendo che le regole, perché le regole esistono, siano applicate nella accezione più vicina alla salvaguardia di un ambiente che viene portato via nella più fredda logica di mercato. Le violazione delle regole, che noi denunciamo da anni, sono evidenziate da documenti che devono essere messi il più possibile a conoscenza di tutti».

Nel dossier viene citato un report di Arpat al convegno di Campiglia Marittima. Quali i temi che emergono?

«La responsabile dell’Arpat di Massa Carrara è stata invitata al convegno a inizio dicembre per l’esperienza che la sede apuana ha maturato in tema di escavazione. Emerge con evidenza lo stato di diffuso rischio ambientale che caratterizza l’attività di escavazione. Rischio che solo parzialmente viene mitigato dai controlli che dovrebbero essere quotidiani per evitare che si manifestino fenomeni come quello del Frigido imbiancato dalla marmettola denunciato da nostri attivisti a settembre e dicembre scorso. Il tema dei rifiuti abbandonati in cave, più o meno inattive, rivela come sia inesistente il rispetto di regole e ambiente. Troppi i casi denunciati da far pensare a fenomeni isolati».

Escavazione e lavoro, un saldo negativo?
 

«Se anni fa il lapideo poteva rappresentare l’elemento su cui puntare per il futuro dell’economia del comprensorio apuo-versiliese oggi la regressione verso un ambito più minerario sta azzerando questa prospettiva. Oggi prevalentemente si escava e si esporta il blocco, la lavorazione al piano è quasi scomparsa e si sono persi posti di lavoro. La ricchezza prodotta dal settore dell’escavazione è sempre più concentrata in poche mani. E questo non lo dicono disfattisti ambientalisti ma la Camera di Commercio: riportiamo nel dossier un passaggio del Rapporto Economia 2012 che va in contrasto con quello affermato non molto tempo fa dagli industriali».

Si parla di contaminazione delle aree e soprattutto delle acque. L’ambiente è in pericolo?

L’Arpat afferma che la marmettola è un inquinante biologico in quanto impedisce lo svilupparsi di forme di vita. Il fenomeno “Frigido bianco” è dovuto alla polvere di marmo che non viene regimata nei piazzali di cava come prevede la legge».

I dati sul Cartaro sono preoccupanti. E’ forse a rischio la nostra principale sorgente?

«Il sopralluogo effettuato a ottobre dall’Arpat ha messo in evidenza una situazione di pericolo ambientale in prossimità della sorgente del Cartaro, la principale dell’acquedotto massese. Le conclusioni dell’Arpat sono chiare e sono state state inviate a tutti gli enti preposti ai controlli e anche all’Asl per la presenza dell’acquedotto. Le foto, sempre dell’Arpat, sono indiscutibili , speriamo che gli enti le prendano sul serio. Ricordiamo che su questo sito ci fu unindagine dell’ Associazione Speleologica Italiana. Negli anni ‘90 un crollo nel bacino della rocchetta, proprio sopra il Cartaro, seppellì diversi fusti di idrocarburi e oli. Forse non è successo niente ma siccome questi fusti sono ancora là, qualche dubbio ce lo poniamo.

Ma chi deve controllare?

Gli enti preposti ai controlli sono diversi, perche diversi sono gli ambiti di rischio e le aree interessate. Arpat, Provincia, Parco, Comune, Sovraintendenza Belle Arti, ognuno ha una competenza. Il rischio ambientale è elevato e auspichiamo che nell’immediato futuro i sistemi di controllo riescano a far applicare le norme che ci sono. Vogliamo citare solo la legge regionale 78/98 all’articolo 18 comma 5 lettera b indica che l’inadempimento delle prescrizioni fissate, interventi difformi dal progetto autorizzato o che determinano situazioni di pericolo ambientale o di sicurezza, possono provocare la decadenza del provvedimento autorizzativo. La mancanza di rispetto delle prescrizioni di legge sulla regimazione delle acque di piazzale che disperdono in torrenti e fiumi la marmettola che, a detta Arpat, è un inquinante biologico può essere un pericolo ambientale? Noi ci domandiamo questo».

Francesco Scolaro