Massa Carrara, 9 dicembre 2011 - LA CREATIVITÀ è una situazione che matura in condizioni aperte e in qualche modo non tradizionali. Si lega alla possibilità di ricombinare aspetti che sono normalmente tenuti separati. Cosa succede quando la passione di un lavoratore di teatro incontra la curiosità di un appassionato di fotografia e insieme scoprono le passioni secolari dei soffittisti del Teatro Verdi?

 

I documenti che vi mostriamo sono lo splendido risultato dell’incontro avvenuto nel 1997 tra Giovannino Saccardi e Manlio Perfetti, del loro gratuito e per questo ‘ancora più nobile’ istinto all’arte, alla documentazione e alla condivisione. «Ho sempre visto in graticcia quelle scritte e quei disegni — ci racconta Giovannino Saccardi, dipendente al Verdi per quasi mezzo secolo — mi è sempre piaciuto andarli ad osservare ed immaginare i macchinisti, detti anche soffittisti, che rimasti affascinati dagli spettacoli ascoltati da lassù, ne volevano immortalare le memorie».
E’ così che nasce un documento, nella singolare visione di un oggetto particolare, nel pensiero di una sola persona che capisce che la cosa che ha di fronte non deve rimanere solo sua.

 

«Nel 1997 avevo capito che il teatro avrebbe subìto delle radicali trasformazioni, le cose stavano cambiando — continua Giovannino — ho pensato che in fondo sarebbe bastata una mano di pittura a cancellare tutta quella storia: la cosa migliore era farle fotografare».

 


Qualsiasi fotografia scattata non è mai documento personale, non è mai semplice ricordo privato, il processo sociale che porta una persona a realizzare una fotografia è un profondo ed intimo desiderio di condivisione. Nel ritrovamento delle immagini scattate da Manlio Perfetti vediamo coronarsi il senso di Noi, il Politeama, la raccolta non di cose ma di persone ed intelligenze riunite nel sentimento del comune appartenere ad una storia, dove le esperienze personali formano la ricchezza di un luogo o, nel nostro piccolo caso, di un edificio.

 


«Non è stato facile. La graticcia è un posto scomodissimo dove stare, non c’è luce, si cammina sopra asticelle di legno che lasciano intravedere il palcoscenico sotto, fotografare lassù è stato complicato, ma quando sono salito la prima volta con Giovannino e ho visto la parete, ho capito l’importanza della cosa che stavo guardando: io penso che questa sia arte, quei colori, quei segni, non sono semplici scritte ma portano con loro tutta la tradizione teatrale ed estetica di quel luogo. E’ bello immaginare le persone e i momenti in cui queste cose sono nate ed è in questa emozione che ho scattato le mie fotografie».

 


Manlio Perfetti non è fotografo di professione, nella libertà del suo “scegliersi le immagini” vediamo tutta l’importanza e la bellezza dei suoi scatti, nella passione con cui ha voluto condividerli, la verità della loro motivazione.
 

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(testo a cura a mcmlab)