Uccise l’ex moglie davanti al figlio e vagò un'intera giornata per Massa: Iemma a processo

Giudizio immediato per la morte di Antonietta Romeo e per i maltrattamenti / IL KILLER SI COSTITUISCE

Delitto di Sarzana

Delitto di Sarzana

Sarzana, 3 marzo 2015 - L’IMPUTAZIONE è da ergastolo: omicidio premeditato del coniuge, commesso con l’ulteriore aggravante dei «motivi abietti». Ma Salvatore Iemma dovrà rispondere anche di lesioni e maltrattamenti alla moglie Antonietta Romeo, dello «stato di soggezione psicologica» in cui l’avrebbe tenuta con comportamenti minacciosi e violenti prima di ucciderla con un colpo di pistola in pieno petto la notte del 13 agosto scorso, sotto gli occhi del loro terzo figlio minorenne, nella casa di via Turì a Sarzana. L’evidenza delle prove ha portato il giudice per le indagini preliminari Marta Perazzo ad accogliere la richiesta di giudizio immediata contro Salvatore Iemma presentata dal pubblico Ministero Luca Monteverde e fissare per il prossimo 11 maggio il processo davanti alla Corte d’Assise spezzina. Ma l’udienza dovrebbe essere annullata dalla richiesta di rito abbreviato che il difensore dell’omicida, l’avvocato sarzanese Andrea Guastini, sembra pronto a presentare al giudice. Una richiesta che porterebbe alla celebrazione del processo davanti al Gup in camera di consiglio. Nessun dubbio fin dal primo momento sulla mano che quella terribile notte uccise Antonietta Romeo. Era già fissata per poche settimane dopo l’udienza davanti al giudice per la separazione che Salvatore Iemma non accettava e quella notte si precipitò armato nella casa famiglia che lei gestiva in via Turì, «per spaventarla» raccoltò poi al giudice in carcere dove si presentò il giorno dopo. Lei era scappata in casa, si era chiusa dentro a chiave ma non bastò a salvarla: il marito sfondò la porta a calci, tirò fuori la pistola dalla tasca e sparò da distanza ravvicinata, un proiettile calibro 38. Un colpo mortale che entrò nel petto e uscì dal dorso spaccandole il cuore. Un omicidio premeditato secondo l’accusa che sottolinea le frasi minacciose che Salvatore Iemma avrebbe pronunciato nelle settimane e nei giorni prima del delitto, il fatto che l’uomo dopo una discussione telefonica andò nella casa vicina per prendere la pistola prima di presentarsi dalla moglie. Un delitto commesso per «motivi abietti» sostiene il magistrato che ha svolto le indagini: «non per ragioni di gelosia ma quale espressione di uno spirito punitivo nei confronti della vittima considerata come propria appartenenza». Iemma, di fatto separato già da parecchi mesi, per il Pm non accettava che la moglie avesse deciso di rifarsi una vita, manifestando così «intolleranza per la libertà di autodeterminazione della donna. Ma il processo chiamerà Salvatore Iemma anche a rispondere dei reati di lesioni e maltrattamenti e riaccenderà i riflettori sulla vita di Antonietta Romeo prima della sua tragia morte. Negli atti della pubblica accusa l’aggressione che la portò al pronto soccorso il 20 marzo, cinque mesi prima del delitto, dove raccontò di essere stata percossa da «persona nota» che l’aveva tirata per i capelli, colpita con un calcio e fatta rotolare giù per le scale. Poi minacce, ingiurie e umiliazioni continue. Salvatore Iemma, secondo il pubblico ministero, teneva la moglie «in uno stato di costante soggezione psicologica a causa dei suoi comportamenti minacciosi e violenti, tanto da farle manifestare in più occasioni la volontà di suicidarsi. Ancora da stabilire se i familiari, i genitori di Antonietta, i fratelli e i due figli maggiorenni, si costituiranno parte civile.