«Mennea? La fiction della Rai è lontana dalla realtà»

La testimonianza dell'olimpionico massese Luigi Benedetti

 Luigi Benedetti, a destra, nella volata assieme a Pietro Mennea

Luigi Benedetti, a destra, nella volata assieme a Pietro Mennea

Massa, 31 marzo 2015 -  E’ L’ULTIMO atleta bianco ad aver tagliato per primo il filo di lana davanti alla «Freccia del Sud». E adesso, mentre Raiuno sta trasmettendo la fiction sulla vita di Pietro Mennea, «l’amico di sempre» Luigi Benedetti, ex velocista olimpionico massese, è il primo a rituffarsi nel passato, ricordando quei «momenti di gloria». Non fa però mistero del fatto, che nella prima delle due puntate, seguita da 5,2 milioni di spettatori, «buona parte di ciò che si è visto, non corrisponde esattamente alla vita di uno degli uomini più veloci di tutti i tempi». Niente da dire su chi veste i panni di Mennea: all’attore Michele Riondino vanno i complimenti di Benedetti, per l’ottima preparazione tecnico-atletica, frutto di mesi di allenamenti. Che detto da di chi di medaglie ne ha vinte per davvero, è un bel complimento. «Chi nella realtà invece era ben diverso dall’attore che lo interpreta – sottolinea Benedetti – è Carlo Vittori, ex atleta olimpionico e responsabile dei velocisti e saltatori della nazionale azzurra>. Nella fiction di nuovo in onda stasera in prima serata, è Luca Barbareschi.

«Il professore – spiega  Benedetti che con  Mennea e compagni chiamava così Vittori durante la permanenza alla Scuola nazionale di atletica leggera di Formia tra il 1970 e il ’76 – era un’altra persona. Lontana sia fisicamente che mentalmente dall’interpretazione di Barbareschi». Giudizio condiviso dallo stesso Vittori, che proprio ieri si è risentito con il velocista apuano. Benedetti nel 1972 proprio a Barletta, la terra della «Freccia del Sud», insieme a Mennea, Ossola e Abeti, stabilì il record mondiale nella staffetta 4x200. «Un record rimasto a lungo imbattuto – ricorda Benedetti – e molto caro a me e Pietro, perché per 18 anni gli americani non riuscirono a migliorarlo». E sempre su Vittori va detto – tiene a precisare Benedetti – che il suo allontanamento dalla nazionale azzurra avvenne perché non si piegò al volere di chi già a quell’epoca parlava di additivi. Quelli assunti dagli atleti di certe nazionali». Inventata «di sana pianta» a suo dire, anche la storia sentimentale. «Ma come in tutte le fiction i registi, vedi Ricky Tognazzi, sono maestri a romanzare le vite degli altri». Come anche l’episodio dell’attentato di «Settembre nero alle Olimpiadi di Monaco ’72 – ricorda Benedetti –: non lo vivemmo affatto come nella fiction».  Ma ciò che più importa «è che Mennea era un uomo umile e mite sempre disposto a sacrificarsi, pur di diventare il più veloce di tutti».

Stefano Guidoni