Venerdì 19 Aprile 2024

Ma non c'è solo il Carrione

Franco Antola

Franco Antola

Massa Carrara, 23 novembre 2014 - È così ora sappiamo – in attesa che la magistratura faccia la sua parte, auspicabilmente in tempi rapidi – che qualche responsabilità per quello che è accaduto il 5 novembre a Carrara si può cominciare a delineare. C’è qualcuno che ha realizzato opere a dir poco inadeguate (l’argine lungo il Carrione, innanzitutto) e qualcun altro che non si è preoccupato di verificare l’idoneità di tali opere. Senza considerare il capitolo degli allarmi inascoltati, come quelli dei vigili del fuoco e dei tanti privati che avevano denunciato pericoli e le cui segnalazioni sono rimaste lettera morta. Alla Regione e al Governatore Rossi va dato atto di essersi mossi con molta tempestività. E soprattutto con un verdetto inequivocabile, maturato con tempi e procedure inusuali rispetto a quelli cui ci aveva abituati l’amministrazione pubblica, a tutti i livelli. Istruttorie senza fine, seguite da conclusioni interlocutorie e fumose, spesso condizionate da valutazioni di natura politica. Un quadro ben diverso da quello visto a Firenze, dove la commissione di Rossi ha fatto cadere anche qualche testa. Evidentemente, gli elementi acquisti hanno permesso di farsi un’idea molto chiara di quello che è accaduto a Carrara, e perché. Le responsabilità sono apparse subito ben definite e molto gravi. Quel verdetto forse potrà contribuire a placare un po’ della rabbia di chi con l’esondazione del Carrione ha visto annientati i sacrifici di una vita e che non ha esitato, dopo il disastro, a chiedere la testa del sindaco di Carrara.  Ora si scopre che le responsabilità, almeno quelle maggiori, non stavano a palazzo civico, a Carrara, ma al di là della Foce. Staremo a vedere come andrà a finire, anche perché la parola definitiva sarà quella della magistratura.Quello che invece non tranquillizza, all’indomani delle conclusioni della commissione regionale di inchiesta, è il dubbio che i criteri, disinvolti e faciloni, con cui fu realizzato l’argine del Carrione, siano stati adottati anche per altre opere da cui dipende la sicurezza dei cittadini: ponti, viadotti, muri di contenimento, e via dicendo. Non è che anche lì a renderli agibili sia stato un semplice “certificato di regolare esecuzione” sottoscritto dallo stesso progettista, alla faccia dell’obbligo di un corretto collaudo affidato a enti “terzi”?Difficile pensare, visto l’andazzo, che il Carrione sia un caso isolato.Il verdetto della commissione, certo, è un passo importante, ma da solo non basta a fugare timori e interrogativi. A cambiare un sistema di gestione degli appalti che si è preoccupato molto più del tornaconto politico ed economico che della sicurezza delle comunità, trasformando il territorio in riserva di caccia dei signori del cemento.E’ qui che occorrerà affondare il bisturi. Restituendo nel contempo efficienza ed affidabilità agli organi di vigilanza, tecnica e politica. Il Carrione e il suo muro di cartone devono pure averci insegnato qualcosa.