La Regione dà le cave ai Comuni: presentata la nuova legge

L’assessore Ceccarelli ha voluto tutti a Firenze per illustrare la proposta che a giorni andrà in commissione

Le cave di Carrara

Le cave di Carrara

Carrara, 19 luglio 2014 - La Toscana non scherza. E così, dopo il botta e risposta sul Piano paesaggistico, giovedì pomeriggio ha convocato a Firenze, al «tavolo di concertazione» i rappresentanti di associazioni imprenditoriali, sindacati e Legambiente. Tutti uniti, volenti o nolenti, ad ascoltare quello che diceva l’assessore regionale Vincenzo Ceccarelli. E non erano cose da poco. La giunta Rossi ha deciso di far approvare entro l’estate, al massimo entro ottobre, una legge regionale destinata, almeno nelle intenzioni, a cancellare le vecchie regole risalenti al 1751: quelle degli Estensi, per capirci. A chi gli ha suggerito di non correre, Ceccarelli ha fatto capire che i tempi stringono: nel 2015 si vota il nuovo consiglio regionale (e il nuovo «governatore») e la giunta vuole far approvare la legge prima che i partiti entrino in campagna elettorale. Ma vediamo cosa ha detto Ceccarelli. La proposta di legge che a breve andrà prima in commissione poi in aula, prevede che quelli che si chiamano «beni estimati», ovvero quelle cave che a differenza degli agri marmiferi sono considerate proprietà privata, entrino nel patrimonio comunale indisponibile. Non saranno proprietà e non saranno trasmissibili agli eredi. Le concessioni avranno una durata massima di 20 anni. Nel regime transitorio (che inizierà appena la legge sarà approvata) la concessione durerà 7 anni. Più altri 5 se il marmo non viene subito spedito all’estero, ma lavorato in zona. E’ questo uno dei cardini della legge. Rossi vuole rilanciare l’occupazione. E vuole far lavorare «in loco» i blocchi. Basta con le montagne affettate e spedite in Cina o altrove. La materia prima deve essere lavorata in città. Poi sarà esportata, ma come prodotto finito. Come succedeva un tempo quando Carrara era davvero la capitale del marmo. Almeno a parole la Regione pare intenzionata a far rinascere il distretto lapideo. Si è parlato anche di un marchio doc e di usare i fondi dell’Unione Europea per fare marketing. Tornando ai Comuni, pare che Rossi non si fidi a lasciare nelle loro mani le cave. Ceccarelli avrebbe infatti detto che la norma conterrà un «codicillo». Gli enti locali avranno 180 giorni per regolare l’attività delle cave, una volta che entreranno a far parte del loro patrimonio indisponibile. Se non lo faranno, ci penserà Firenze. Per quanto riguarda i nuovi fronti di cava, la legge ricalcherà quanto prevede il piano paesaggistico. Niente nuove aperture, al massimo si potranno riaprire le cave chiuse da tempo. La legge prevede anche la risistemazione e la copertura dei siti dismessi. Ad ascoltare Ceccarelli erano in tanti. Per Confindustria il direttore Andrea Balestri, per Cna il coordinatore regionale Antonio Chiappini, per Confartigianato Mirko Felici, per Legacoop Chiara Grassi, per Confapi Massa il direttore Massimo Maggiani, per la Cgil un dirigente regionale e per la Cisl il segretario provinciale Andrea Figaia.

Proprio Figaia ha commentato così quanto detto da Ceccarelli. «La Regione, dopo il Piano paesaggistico, intende creare le condizioni per riappropriarsi del territorio. Non intende più tollerare la presenza, in Toscana, di enclave dove non si rispettano le leggi e le norme generali. Ritengo si debba dare stabilità ad un settore che lo chiede da tempo, sia per quanto riguarda l’ambiente che la forza lavoro». Il segretario Cisl concorda sulla necessità di lavorare in zona il materiale estratto. «Oggi quasi tutto il marmo finisce sulle navi che partono da Livorno e La Spezia, nemmeno da Marina di Carrara. Occorre fa ripartire la filiera locale. Bisogna rilanciare il vecchio distretto lapideo. E condivido l’idea del marchio per il marmo scavato e lavorato nel nostro territorio. Dobbiamo mobilitare tutte le risorse, dai Comuni alla Camera di commercio per arrivare all’Accademia delle Belle Arti, oltre alla Regione che può usare i fondi europei». Diverso il giudizio di Antonio Chiappini: «Siamo abbastanza preoccupati. Non tanto per questa legge, ma per l’insieme dei provvedimenti che la Regione sta adottando, dalla variante paesaggistica al Pit fino alla proposta che modifica la legge 1 del 2005. Crediamo sia opportuno non parlare di filiera come obblighi; bisogna creare le condizioni perché le imprese siano invogliate a promuovere la filiera. Per questo è urgente avviare il tavolo sul marmo nato nel 2013 e mai usato». Il dirigente Cna ha infine lodato Ceccarelli «per aver avviato, prima di far partire l’iter di approvazione della legge, un confronto con le associazioni per modificare la proposta». Andrea Luparia