«La frana di Mirteto provocata dal tubo realizzato da Manfredi»

Il consulente tecnico di due degli imputati ricostruisce in aula la tesi secondo cui la vittima stessa avrebbe causato il disastro con alcune opere fatte sulla collina

Le prove di  carico al tubo «incriminato»

Le prove di carico al tubo «incriminato»

Massa, 27 febbraio 2015  - LA FRANA di Mirteto? Causata non dai lavori fatti mesi prima, ma dal tubo realizzato da Aldo Manfredi per evitare che la pioggia finisse denntro la sua abitazione. Quel tubo sistemato nella collina di Montalbano solo due giorni prima della tragedia è tornato ieri alla ribalta nella deposizione fatta dal consulente di due dei 5 imputati e dal Comune di Massa. Nella sua lunga relazione fatta con slide, tabelle e video l’ingegner Stefano Tintori ha cercato di dimostrare che quel giorno la pioggia ha causato la rottura del tubo di scolo realizzato da Manfredi, poi rimasto ucciso dalla frana provocata proprio dalla forza dell’acqua uscita con violenza dalla conduttura e penetrata nel terreno. Fra termini tecnici e calcoli matematici Tintori ha sottolineato come il lungo tubo arancione non fosse in grado di sopportare la grande quantità d’acqua piovutagli dentro quella notte.

ALMENO 30 litri al secondo nel picco massimo delle tre di notte, calcolato una media fatta analizzando le centraline di rilevamento della pioggia di Massa Centro e Candia Scurtarola. Non solo: perplessità sono emerse anche sulla composizione della stessa tubatura d’emergenza a quanto sembra non fissata rigidamente a terra. Subito dopo la tragedia ne sono stati trovati alcuni pezzi nel terreno, l’attenzione si è concentrata sul raccordo a gomito «ma è geometricamente impossibile – le parole di Tintori ai giudici Giovanni Sgambati, Fabrizio Garofalo ed Elisabetta Congiusta – che non ce ne fosse un altro subito sotto, doveva esserci per forza un secondo punto di curvatura» spazzato via poi dalla frana. Proprio seguendo questa tesi è stato così ricostruito il tubo con due punti di curvatura e tre inclinazioni diverse, ognuna delle quali con differente velocità dell’acqua al suo interno. Nel momento massimo di pioggia il raccordo a gomito doveva sopportare una pressione di almeno 20 kg portata dalla massa d’acqua al suo interno. Lo stesso consulente ha poi realizzato un video con la prova materiale degli effetti della forza dell’acqua sul raccordo. «Abbiamo agganciato un secchio al tubo versandoci dentro progressivamente l’acqua: la rottura è avvenuta con 10 chili, quindi la metà di quella sopportata la notte della tragedia».

COSÌ l’acqua passata attraverso il tubo ha aumentato «del 200% la velocità della corrente, fino a valori inadeguati a quel tipo di canale – si legge nella perizia dello stesso consulente – derivandone con altissima probabilità un danneggiamento del canale di scolo, con progressiva erosione del terreno sotto la scalinata». L’acqua uscita dal canale fatto da Manfredi ha scaricato sulla scalinata stessa una forza di circa 300 kg. Perplessità sulla ricostruzione dei consulenti della difesa sono state avanzate dal legale di parte civile avvocato Andrea Lazzari: nel mirino in particolare la tabella relativa alla pioggia caduta quella notte. «Il picco massimo delle 3 di notte è troppo breve per aver causato un danno del genere alla tubazione, in soli 20 minuti non è possibile» ha sottolineato Lazzari. Processo aggiornatio al 20 maggio per proseguire con la deposizioone di altri due consulenti della difesa, una seconda udienza è stata già stata calendarizzata per il 1° luglio. Gli imputati per la frama di Mirteto (31 ottobre 2010) sono Carlo Mariani (geometra del Comune e direttore dei lavori nel 2009), Andrea Bontempi (responsabile del procedimento per la realizzazione dell’intervento), Giuseppe Rebecchi e Alessandro Migliorelli (ditta Fratelli Rebecchi cui furono assegnati i lavori), Jacopo Baroni (Rb escavazioni, realizzò alcune opere in subappalto) e Riccardo Barbieri, geologo.