Giovedì 18 Aprile 2024

Caccia di frodo al cinghiale: a processo l'ex patron della Canniccia Alberto Galeotti

Sorpreso dalla Forestale tra Castelpoggio ed Aulla. Imprenditore, ex giocatore nazionale di hockey, collaborò con Briatore al Twiga

L'imprenditore Alberto Galeotti  (foto Umicini)

L'imprenditore Alberto Galeotti (foto Umicini)

Carrara, 25 gennaio 2015 - Un cinghiale trascina in tribunale Alberto Galeotti. Una battuta al cinghiale nella zona tra Castelpoggio, Fosdinovo e Aulla, è stata fatale all’imprenditore 52enne appartenente ad una delle famiglie più importanti della Versilia. Inventò la Canniccia di Forte dei Marmi portando ben presto il locale alla ribalta nazionale col record della discoteca più frequentata d’Italia e proseguì la sua attività nel mondo dello spettacolo assieme a Briatore nel grande rilancio del Twiga. Lunedì però, Galeotti, in gioventù nazionale di hockey (giocò in serie A col Forte dei Marmi nel ruolo di portiere) dovrà indossare i panni, decisamente più scomodi, dell’imputato per affrontare davanti al giudice Garofalo la prima udienza del processo a suo carico. La Guardia forestale lo denunciò per aver cacciato di frodo lo scorso anno nella zona montana a cavallo tra i Comuni di Carrara, Fosdinovo ed Aulla. Era stato utilizzato anche un elicottero dalle squadra antibracconaggio che avevano intensificato i controlli con l’ausilio anche della polizia provinciale. La caccia al cinghiale non è vietata ma occorre attenersi al calendario venatorio e alle prescrizioni emanate dalla Provincia.  Sta di fatto che una pattuglia in servizio di vigilanza, allertata dal velivolo, aveva sorpreso l’imprenditore versiliese intento in una battuta di caccia al cinghiale. Era solo dal momento che è stato denunciato solo lui alla procura.  Le guardie forestali avevano raccolte le segnalazioni di diversi abitanti della zona che aveva udito degli spari nei boschi.  Alberto Galeotti, intraprendente imprenditore del Forte, è molto conosciuto anche a Marina di Carrara, Marina di Massa e Bocca di Magra dove aveva gestito la Baia dell’angelo che rilanciò in grande stile richiamando migliaia di persone da tutta Italia nelle serate musicali.   

E il successo di Galeotti non era sfuggito alla «cricca» di Ameglia che lo aveva vessato chiedendo le tangenti per ogni serata. Doveva pagare 300 euro a serata Galeotti per non avere i controlli da parte della polizia municipale e poi servire cene a base di pesce e champagne ai «commensali» che lo taglieggiavano. Il capo era considerato colui che gli cedette la Baia dell’angelo, Pier Luigi Destri, ideatore del rapimento dell’industriale di Lerici Andrea Calevo.  Proprio alcuni mesi fa la Corte di Cassazione aveva confermato le condanne nei confronti di Destri e di Carlo Antola, avvocato e mediatore a due anni e 8 mesi di reclusione per estorsione e nella vicenda vennero coinvolti anche Raffaele Battistini, già sindaco di Santo Stefano e all’epoca dei fatti capo ufficio tecnico del Comune di Ameglia condannato a due anni e due mesi per tentata concussione e abuso d’ufficio, Marino Castagna, vice comandante dei vigili ubani di Ameglia (due anni e la vigilessa Katia De Paola (dieci mesi). Quattro mesi a subire i soprusi e le richieste di denaro fino al 29 agosto 2005 quando ci fu la retata. Galeotti aveva acquistato la Baia dell’angelo per due milioni da Destri e puntava a farne un resort esclusivo affacciato sul mare e la foce del Magra. 

Amareggiato per la drammatica esperienza, Galeotti fu costretto anche a restituire una provvisionale che gli aveva assegnato il giudice in primo grado perché in appello un paio di imputati erano stati assolti. Il ricorso in Cassazione da parte del procuratore generale aveva però annullato le assoluzioni e c’era stato un altro processo davanti ad un’altra sezione della Corte di appello di Genova che aveva confermato le condanne di primo grado con qualche piccolo sconto. Poi a ottobre del 2014 la parola fine da parte della Cassazione che ha confermato le condanne. Ma resta il rammarico per non aver potuto coltivare un sogno, quello di creare una sorta di villaggio sportivo e un punto di allenamento per gli equipaggi di vela in preparazione all’America’s Cup. Non c’è riuscito Galeotti a provare questa affascinante avventura frenato dall’avidità della cricca amegliese.