Genova apre le porte a Cargiolli 50 tele all’«Ombra del Parnaso»

Amore, tecnica e tanto studio alla base della formazione dell’artista

Claudio Cargiolli

Claudio Cargiolli

Carrara, 14 dicembre 2017 - C’è il rumore del bosco, non c’è i l sapore del latte appena munto, ma vi è racchiuso il tepore che solo i sapori dell’infanzia possono trasmetterci. Ci sono i colori dei bambini, i sogni dell’adolescenza, le divagazioni oniriche di chi non ha mai abbandonato l’età dell’innocenza. Il sogno, il desiderio, l’amore, la tensione verso l’assoluto sono i protagonisti della tematica pittorica di Claudio Cargiolli, pittore nato a Ponzanello e formatosi all’Accademia di belle arti cittadina, i cui quadri sono apprezzati in esposizioni di alto prestigio in Italia e all’estero. Non si ritiene un genio, Claudio Cargiolli, ma un artista che si diverte a fare ciò che fa, che dipinge con amore. E sono proprio l’amore e il divertimento, lo stupore e la fantasia ciò che emerge guardando i suoi paesaggi, le sue colombe, i suoi alberi e le sue case. Una suggestiva antologica della sua poetica sarà protagonista di una mostra che si a inaugura sabato alle 17 a Palazzo Ducale a Genova, a cura di Giovanni Faccenda. In uno dei luoghi più blasonati dell’arte, accanto ai dipinti di Pablo Picasso, di cui si celebra una personale nell’ala attigua, Cargiolli espone 50 tele da collezioni private e dalle gallerie Orler di Venezia e Forni di Bologna, i due scrigni della produzione del celebre pittore. Non solo sogni nelle tele di Cargiolli, che a leggerle bene parlano della nostra storia: raccontano quanto ancora adesso noi trasudiamo dei grandi del passato da Piero della Francesca al Rinascimento a tutto il Novecento, a Paul Klee.

«Non credo – racconta Cargiolli alla vigilia dell’importante appuntamento ligure – che il pittore debba racchiudere quel genio e quella sregolatezza propri dell’immaginario. Il mio lavoro viene dopo parecchio studio; i miei modelli sono gli antichi, coloro che mi hanno preceduto e che hanno lasciato una grande eredità. Dal loro studio, dai loro scarti, dalle loro ricerche traggo i modelli per i miei dipinti. Abbiamo un sapere antico a cui possiamo attingere a piene mani, un tesoro inestimabile e meraviglioso che viene dal nostro passato. Importante è avere regole, conoscere la tecnica che solo anni di studio può darti. Solo a quel punto ognuno può trovare la sua unicità rompendo quelle regole e riscrivendone di proprie». E così dallo studio dei grandi del passato escono le meraviglie oniriche, quelle invenzioni straordinarie che a vederle sembrano fuggite prepotentemente da un sogno e finite naturalmente sulla tela e invece sono il frutto di anni di studio, di ricerca e di tecnica. E così dalla contaminazione dei grandi classici un mondo magico, di favola, dove, nonostante il degrado culturale, architettonico, politico che ci circonda, rimane la speranza di un mondo migliore che dalle tele si traduca in realtà. L’appuntamento è quindi alla mostra genovese, voluta dal Comune e dalla Regione Liguria (catalogo Giorgio Mondadori), che hanno colto al volo l’opportunità di ospitare un artista tanto singolare e apprezzato. Rimane soltanto il rammarico che le tele nate nell’atelier di via Cavour, siano costrette a importanti esodi, dal momento che la nostra città non ha mai saputo cogliere tale preziosa presenza.