Sequestrata villa ad ex boss del Brenta: acquistò marmo a Carrara

Faceva parte della banda di Maniero. Il bianco extra pagato 6.000 euro a tonnellata

La squadra mobile di Padova aveva arrestato l'ex boss nella scorsa estate

La squadra mobile di Padova aveva arrestato l'ex boss nella scorsa estate

Carrara, 24 agosto 2016 - FECE parte della banda di Felice Maniero, la Mala del Brenta a Padova e si era costruito una villa liberty col marmo bianco extra acquistato a Carrara e pagato la bellezza di 6.000 euro a tonnellata. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di Roberto Mengardo, 41 anni, dopo che il gip di Padova gli aveva sequestrato la villa di Brugine, a 17 chilometri da Padova, ritenendo che i genitori del boss non avessero le capacità economiche per realizzare un’opera cosiì faraonica. I giudici ritengono che la villa sia nella reale disponibilità del Mengardo. Il 7 ottobre 2015 Tribunale di Padova rigettava la richiesta di riesame del decreto di sequestro emesso dal gip di Padova il 31 agosto 2015, nei confronti di un immobile di Brugine. Il provvedimento dopo la misura cautelare personale nei confronti del Mengardo, per reati collegati al traffico di stupefacenti. Si ricordava nel ricorso che la materiale disponibilità in capo a Roberto Mengardo dell’immobile sequestrato, pur formalmente intestato alla madre non era contestata: costui si era infatti occupato dei lavori di ristrutturazione del locale, nonostante fosse sprovvisto di reddito e la sua convivente avesse uno stipendio di 1.250 euro mensili. La tesi difensiva, fondata sul pagamento dell’immobile da parte dei genitori del Mengardo, era smentita, scrivono i giudici, da elementi sintomatici di una simulazione, allo scopo di sottrarre il bene a possibili provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Inoltre, nel corso di alcune conversazioni telefoniche, il Mengardo si sarebbe vantato di aver disposto lavori per “una dimora principesca” ed avrebbe inoltre fissato gli appuntamenti dei genitori con la banca, presentandosi poi direttamente agli incontri relativi. Sulla sproporzione tra il valore del bene da confiscare e la capacità reddituale e di guadagno del soggetto destinatario del provvedimento, ha evidenziato il Tribunale che il Mengardo non ha redditi dichiarati e che i suoi genitori, asseriti finanziatori dell’acquisto e delle opere di ristrutturazione dell’immobile pur avendo dimostrato la tracciabilità degli esborsi, hanno un reddito complessivo incompatibile con le opere faraoniche disposte dal figlio, atteso che le relative dichiarazioni - oltre tutto concernenti l’anno 2012 - riguardano un reddito imponibile lordo rispettivo di 13.117 euro la madre e di 36.928 il padre. E ciò tanto più in considerazione del contenuto delle intercettazioni telefoniche, che, lungi dall’essere inconferenti, danno invece contezza del rilievo, della durata e dei costi dei lavori di ristrutturazione (lavori protratti per due anni e mezzo, utilizzo del marmo bianco di Carrara extra, euro 500 a mq).