"Ora si faccia giustizia" La zia di Alessio Zanetti si appella ai giudici

L'avvocato di Agostini, Maneschi: «Michele è stato preda del terrore. Non ha più toccato cibo»

I funerali del giovane

I funerali del giovane

Carrara, 23 maggio 2017 - «Hanno tutti fatto eccellentemente il proprio dovere: adesso tocca ai giudici». Così Monica Francesconi, la zia di Alessio Zanetti, il ragazzino di 16 anni ucciso sull’Aurelia da una moto pirata, commenta la tragedia che ha colpito la famiglia e ringrazia tutta la città per la vicinanza dimostrata. «Vogliamo ringraziare – racconta fra le lacrime la zia – tutti: il sindaco Angelo Zubbani per la sensibilità dimostrata, la polizia municipale e i carabinieri che in poche ore hanno dato un volto a chi ha ucciso mio nipote. Vogliamo ringraziare anche tutta la scuola, gli insegnanti e i compagni della V B del ginnasio “Repetti“ per l’affetto e l’amore nei confronti di Alessio. Noi credevamo che il ragazzo fosse chiuso e ci siamo accorti che a scuola era un punto di riferimento per tutti. Le lacrime dei compagni non le dimenticheremo mai: erano sincere. Un sentito grazie anche ai medici e allo del Noa che fino all’ultimo hanno lottato per restituirci il nostro Alessio. Il nostro dolore non sarà placato mai, ma adesso vogliamo giustizia. Non servirà a restituirci il ragazzo, ma vogliamo che questa tragedia non passi come un incidente stradale, ma come un omicidio. Un uomo in scooter che colpisce alle spalle un ragazzino lasciandolo sul selciato, uno che si ferma raccoglie i pezzi della moto e si dilegua, non può passarla liscia. Il bimbo era già sulla strada di ritorno: aveva ancora i segni della ruota sui pantaloni e sullo zaino. E’ stato preso di spalle. La nostra non è sete di vendetta, ma voglia di giustizia. Se le forze dell’ordine non si fossero messe di impegno per rintracciarlo, questo non si era nemmeno costituito. Ha atteso che lo andassero a prendere a casa. Mi domando come non abbia avuto pietà per quel ragazzino che stava lasciando la sua vita sul selciato». Di tutt’altro avviso il legale del centauro Michele Agostini, Alessandro Maneschi che motiva l’atroce fuga con la paura: «In quei momenti – dice l’avvocato – è facile perdere la lucidità. Non è vero che ha raccolto i pezzi dello scooter. Si è fermato, li ha raccolti e poi li ha lasciati lì, a dimostrazione che non era poi così lucido. Dico soltanto che dal momento dell’incidente Agostini non ha ancora toccato cibo. E’ sorvegliato perché non mangia e potrebbe fare gesti estremi. In quei momenti è facile cadere nel terrore. Lui non ha più capito niente. Basti pensare che quando ha visto i vigili la prima cosa che ha detto “Sono stato io“». Così una famiglia è stata distrutta per la perdita dell’unico figlio, un’eccellenza a scuola, amato da tutti, un’altra è lacerata da una colpa che nessuna pena riuscirà mai ad attenuare.