«Nessuna svastica nelle mie cave» Lorenzoni spiega la bandiera di Salò

Il consigliere: «A favore della libertà di pensiero e della democrazia»

Lorenzoni Maurizio

Lorenzoni Maurizio

Carrara, 12 settembre 2017 - «Il caschetto con la svastica? Non è mio. Molto più facile introdursi in una proprietà privata e disegnarla». Così Maurizio Lorenzoni, nel ciclone delle polemiche per la sua marcia sulla Brugiana con la bandiera di Salò e il «camerata» Manfredo Bianchi, replica alle accuse che su Facebook lo vorrebbero armato di elmetto con la svastica quando lavora in cava. Il professore e ingegnere dello Zaccagna, Bianchi, che a pochi giorni dalla commemorazione dell’eccidio di Vinca andò sul Sagro per sventolare la bandiera di Salò, successivamente è salito con il consigliere comunale sul monte di Massa. Domenica sono apparse alcune foto della cava la Facciata, dove l’imprenditore opera, che ritraggono scritte di estrema destra e un caschetto di sicurezza con una svastica. «Quel casco non è mio – spiega Lorenzoni, consigliere comunale di Forza Italia –. Se vedessi un mio dipendente conla svastica lo fermerei. E’ un simbolo di nefandezze».

E la bandiera di Salò, invece no? «Con il vessillo della Rsi volevo soltanto dimostrare solidarietà a Manfredo Bianchi e testimoniare la libertà di espressione. Sono d’accordo che il governo fascista sia stato limitatore di libertà e vada condannato perché totalitario e assolutista. Sarei più contento se la Costituzione condannasse tutti i totalitarismi, non solo quelli di destra. Tuttavia mi piacerebbe che nel mio Paese fosse possibile un confronto dialettico e democratico su quanto di buono è stato fatto dal fascismo di cui adesso l’Italia avrebbe davvero bisogno. Mi riferisco alla dignità, al rigore, all’ordine, all’identità del Paese e al coraggio, oltre alle opere pubbliche, agli interventi sociali, alla scuola. Sono aspetti che vanno rimpianti e recuperati, ma se solo ti azzardi a un accenno ti bollano come fascista».

«Sarebbe bello poterne parlare. Invece – prosegue Lorenzoni – si crea un guerra fra tra guelfi e ghibellini, un tifo da stadio che non fa bene a nessuno, tantomeno alla democrazia. Che in Italia non si possa ricostruire il partito fascista mi sembra giusto, ma da qui a nemmeno nominarlo... Per quanto riguarda Salò sono d’accordo con Luciano Violante che disse che bisogna avere rispetto per chi rischiò la vita con coraggio e abnegazione, pur stando da un’altra parte. Sono salito in Brugiana anche con la bandiera italiana ed è lì che dobbiamo confluire e da lì ripartire». Al termine dell’intervista Lorenzoni si lascia anche a un commento scherzoso, per stemperare i toni: «Mi sono infilato le scarpette per andare in Brugiana, mai avrei pensato di arrivare fino in cima, non ho nemmeno un dolore»