Caso Marò, ecco come il Governo lavora sottotraccia per liberare Latorre e Girone

Il caso diplomatico che coinvolge i due fucilieri di marina accusati di aver ucciso due pescatori indiani dura ormai da 29 mesi

I due marò Girone e Latorre

I due marò Girone e Latorre

ROMA, 25 luglio 2014 - DUE ANNI e cinque mesi dopo, i tempi sono maturi per capire che fine faranno i fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Mentre sul caso marò va avanti il formale ‘scambio di vedute’ con l’India — il 18 aprile scorso l’Italia ha inviato una nota verbale alle autorità indiane, la quinta in due mesi, ma al quale ancora non c’è stata risposta — si negozia intensamente sottotraccia. A complicare inizialmente le cose sono state elezioni legislative indiane, che si sono svolte dal 7 aprile al 12 maggio, e hanno portato solo il 26 maggio alla nascita del nuovo governo. Il dossier è stato così esaminato dai nuovi ministri a giugno, e il primo atto è stata la richiesta di un parere legale dal dicastero degli Interni a quello della Giustizia. E qui potrà giocare un ruolo il neo nominato procuratore generale indiano che altri non è che Mokul Rohatgi, il principe del foro ingaggiato a peso d’oro dalla Farnesina. È vero che ha fatto sapere che si asterrà sul caso dei marò, ma ufficiosamente il suo parere avrà un peso.  Sulla trattativa diplomatica la decisione indiana in ogni caso sarà politica. E il premier Modi da ultranazionalista duro e puro può permettersi un gesto di clemenza.

SE ANCHE non dovessero esserci svolte clamorose gli indiani potrebbero però essere disponibili ad accettare senza fare le barricate la seconda opzione in mano all’Italia: quella dell’arbitrato internazionale. Secondo la Convenzione per il diritto del mare è possibile appellarsi a un tribunale arbitrale che può essere sia la Corte internazionale di giustizia sia il Tribunale internazionale del mare, che ha sede ad Amburgo. L’Italia — che ha allestito a questo proposito un collegio di nove giuristi ed esperti presieduto da Sir Daniel Bethlehem — intende fare ricorso a quest’ultimo. Sceglierà il proprio arbitro e si aspetta che l’India indichi il suo ed esprima l’intesa per la nomina dei tre arbitri indipendenti. L’aspettativa di una India che collabori almeno alla formazione del collegio arbitrale è alta alla Farnesina, dove si spera però in un vero cambio di passo di Narendra Modi. Se le cose andranno per il verso giusto, lo sapremo entro settembre.

Alessandro Farruggia