Giovedì 18 Aprile 2024

Verso il Natale, l’arcivescovo: "L’uomo è ancora disumano. Troppi coloro che sono considerati scarti"

Sferzante e insolito messaggio di monsignor Castellani in vista delle Festività

L'arcivescovo di Lucca Italo Castellani

L'arcivescovo di Lucca Italo Castellani

Lucca, 21 dicembre 2014 - INUSUALE, perché molto diretto. Carico di speranza, ma, al contempo, angosciosamente preoccupato dalla direzione di marcia di un mondo che ancora non ha scoperto e vissuto sino in fondo il messaggio di Gesù Cristo ed è abbarbicato solo ai disvalori dell’economia, mentre le periferie esistenziali dilagano. E gli ultimi sono sempre più ultimi. Il messaggio dell’arcivescovo di Lucca Italo Castellani per l’ormai imminente Natale è un invito accorato a aprire gli occhi e il cuore alla presenza di Dio mentre la Chiesa, secondo i dettami di papa Francesco, prova a rinnovarsi. «Il Natale, l’evento che ricorda la nascita di Gesù - spiega Castellani - ci riporta al mistero del Verbo di Dio che si è fatto carne, anzi che “si fa carne” per rivelare all’uomo di oggi il “chi è” di Dio, la sua verità fatta di eternità ed amore. Ma come fare a raccontare all’uomo di oggi questa Verità?».

E AGGIUNGE: «Come creare l’emozione dell’evento Incarnazione (Dio che si fa uomo!) in un tempo ed in una terra, a cominciare dalla nostra Europa, dove vorticosamente si ruota attorno all’economia (il profitto) e si è dimenticata della centralità, della sacralità della persona? Come aprire gli occhi, e non solo quelli del cuore, ma proprio quelli della vista, su un Dio che si fa “bambino”, “piccolo” e nasce nella periferia della città di Gerusalemme, emblema di tutte le “periferie esistenziali” della nostra epoca?».

LE PERIFERIE esistenziali, come ricorda Papa Francesco, ci inquietano, ci provocano, ci destabilizzano. «È verso il mondo della sofferenza dei malati nel corpo, nella mente, nello spirito, nell’anima - continua l’arcivescovo - è verso l’ormai rilevante numero di coloro che la società considera “scarti”: i prigionieri, gli immigrati, coloro che sono preda delle infinite dipendenze ed abusi, coloro che vivono la drammatica povertà materiale, senza cibo, acqua, vestito, casa, disoccupati…; è allargando l’orizzonte verso le “periferie geografiche”, il Nord-Sud, l’Est-Ovest del mondo, le immense periferie delle grandi città (ma anche delle piccole); è incontrando anche il tema della salvaguardia dell’ambiente e dell’aver cura delle risorse della Terra… che scopriamo, aprendo gli occhi, un dato che ci aiuta in questo percorso, forse un po’ ruvido ma necessario».

MA I PENSIERI dell’arcivescovo ci riportano a un dato incontrovertibile: si parla di progresso, e in realtà l’uomo è ancora disumano nella sua capacità di infliggere sofferenze, sopraffazioni ai suoi simili. Ora come al tempo di Gesù. E anche prima. «Quando pensiamo al nostro tempo, alla sua condizione – prosegue monsignor Castellani - quando proviamo ad aprire gli occhi su questo sterminato mondo di periferie senza l’illusione o l’allucinazione dei miti del progresso o delle mediazioni politiche, ci appare una situazione che è tale e quale quella del tempo di Gesù (e forse come lo è stata ogni epoca prima e dopo Cristo), cioè quella di una umanità che non ha ancora raggiunto il suo stato di “umanità” ma che resta invischiata e travolta da una tragica disumanità».

E ANCORA: «E’ disumana la sofferenza subita e provocata, il conflitto, la guerra, la violenza, il disprezzo dell’altro, l’ingiustizia, l’idolatria del denaro e del piacere…; sono disumani gli stili di vita che impongono di consumare più di quanto abbiamo a disposizione e che negano a gran parte dell’umanità il necessario per vivere». Per Castellani è Cristo «il compimento di ogni attesa dell’uomo, della realizzazione di una piena umanità, di un uomo finalmente restituito a se stesso nella sua integrità interna ed esterna: il lebbroso è mondato, lo zoppo cammina, la mano pietrificata si apre, cessa il dominio del male, della malattia e della morte, c’è un pane misterioso che nutre una vita nuova, guarendo orecchio, lingua e occhio, perché l’uomo ascolti, comunichi e veda».

COME agire? Castellani vede come strumento e segno, la Chiesa sognata da papa Francesco. «Una “Chiesa in uscita” - conclude - come quella dei primi cristiani; una Chiesa capace di prossimità, capace di manifestare la differenza rispetto ai popoli, una Chiesa povera, accogliente le diversità, senza potere, soldi,… che favorisca l’accettazione sociale e umana; una Chiesa umile, espressione di mitezza, dolcezza che guarda con simpatia al mondo e sa valorizzare tutto e tutti. Una Chiesa che si fa carico anche della trasmissione alle giovani generazioni di questa visione del mondo, con la consapevolezza di quanto ciò sia difficile e al tempo stesso necessario. Questo mi sta particolarmente e profondamente a cuore per i giovani e le ragazze della nostra terra di Lucchesia!».

Fab. Vinc.