Un quadro di Giotto in San Francesco. La straordinaria Madonna del 1295 sarà esposta dal 4 ottobre

Per la prima volta un'opera di Giotto sarà esposta a Lucca

Un'opera di Giotto

Un'opera di Giotto

Lucca, 17 settembre 2014 - Quello che il pittore fiorentino non ha mai fatto quando era in vita, avendo attraversato la Toscana in più occasioni senza però giungere a Lucca, lo farà ora, a distanza di settecento anni, con ciò che di più autentico, vivo e concreto alimenta i nostri giorni: la sua arte. Rivoluzionaria, senza tempo, capace di creare corpi veri e solidi nello spazio pur dipinti su una tavola o su un muro. Proprio come si presenta la Madonna di San Giorgio alla Costa, il capolavoro che il Comitato Nuovi Eventi per Lucca (organismo creato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e dalla Fondazione Ragghianti) porta in città il 4 ottobre prossimo, nel giorno della Festa di San Francesco. Giotto in San Francesco, questo il nome della mostra, che vedrà protagonista un'unica opera dell’allievo di Cimabue, in esposizione per due mesi, fino all’8 dicembre, nella Chiesa di San Franceschetto, annessa al complesso monumentale dedicato al Santo di Assisi. L'operazione, sostenuta con orgoglio dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, vuole essere il coronamento di un percorso artistico forte e radicato nell'area lucchese, dove pure esistono significative testimonianze della pittura antecedente alla rivoluzione operata da Giotto. La Madonna di San Giorgio alla Costa costituisce così una sorta di tassello mancante per la ricostruzione di un periodo artistico – quello medievale - che anche a Lucca conobbe episodi di grande vivacità e fulgore, come bene dimostrano le evidenze artistiche riferibili al Due-Trecento presenti sul territorio. Giotto, unanimemente riconosciuto come il primo grande iconografo del Santo di Assisi e come il più diretto interprete artistico della poetica di fede, vita e sensibilità dell'Assisiate, realizzò quest’opera, databile intorno al 1295, negli anni della sua giovinezza. Il capolavoro del Duecento, proveniente dal Museo Diocesano di Santo Stefano al Ponte di Firenze, rimase coinvolto nell'attentato di via dei Georgofili nella notte tra il 26 e 27 maggio del '93. In quell’occasione la Madonna fu trafitta da una miriade di schegge di vetro, iniziando un lunghissimo percorso di restauro, affidato alle abili mani di Paola Bracco dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Oltre a neutralizzare buona parte dei danni provocati dall’esplosione, il restauro riuscì anche a eliminare completamente tutti i deleteri interventi da cui lo strato pittorico originale era stato coperto nei secoli. L’urgenza del restauro è diventata, in corso d’opera, anche l’occasione per una riscoperta e un approfondimento degli studi intorno ad uno dei capisaldi della pittura giottesca: uno dei recuperi più affascinanti e insperati, quasi un restauro di rivelazione alla “vecchia maniera”, comunque suffragato dal dispiego eccezionale di metodi di indagine modernissimi. Solo una piccola fenditura, nella spalla di un angelo “reggicortina”, è stata lasciata volontariamente a ricordare i tragici eventi di cui la tavola è stata ad un tempo testimone e vittima. Anche il supporto ligneo fu recuperato e risanato, sempre nei laboratori dell’Opificio, da Ciro Castelli, autore di vari e autentici miracoli ascrivibili alla storia del restauro moderno. Da quel giorno di maggio del 1993, la tavola più volte è stata richiesta da importanti musei d’Europa e d’Oltreoceano, ma per il nostro Paese, questa di Lucca è l’occasione per rivederla in tutto lo splendore dei colori ritrovati e in un luogo che ne esalterà la bellezza. A dicembre, infine, terminata l'esposizione in San Franceschetto, l’opera tornerà “a casa”, nel Museo Diocesano di Firenze, che riaprirà finalmente le sue porte dopo anni di forzata chiusura.

L’opera

Nella Madonna di San Giorgio alla Costa, Giotto assimila la lezione spaziale di Cimabue e dà il via alla sua “rivoluzione” pittorica, improntata alla ricerca di una rappresentazione più realistica e all’umanizzazione dei personaggi. La Vergine è rappresentata su un trono marmoreo, in parte perduto in seguito alla mutilazione che l’opera ha subito nel 1705, riccamente decorato. Due piccoli angeli alle spalle di Maria tengono un drappo di broccato che in parte nasconde la struttura e difatti limita l’effetto tridimensionale dell’insieme. Ma è nel volto di Maria che si legge tutta l’intenzione di liberarsi dalle rigidità della tradizione bizantina che nel Duecento ancora dominava la scena pittorica italiana. Se ancora Giotto non raffigura un volto “caldo” e dalle gote rosee, come in seguito farà, per esempio, con la Madonna Ognissanti degli Uffizi, anche in questa Vergine propone una figura umana, una madre che in uno schema più libero inclina leggermente il collo e si rivolge a noi con uno sguardo più espressivo, quasi malinconico. Le due ciocche di capelli che “sfuggono” alla cuffia rossa sono solo il dettaglio che conferma la precisa volontà del pittore di regalare a questo volto un elemento di dolcezza e umanità.