"E' solo la fine del mondo", un 'frullatore' di emozioni: Dolan lascia il segno

A cura di Marco Andreini di Project Movie su Facebook

Il film "E' solo la fine del mondo"

Il film "E' solo la fine del mondo"

Lucca, 20 gennaio 2017 - Xavier Dolan a soli 27 anni interpreta, scrive e dirige. Nel 2014 ha vinto il Premio della Giuria e la Palma d'Oro al Festival di Cannes con il suo gioiello "Mommy". Questo giovane "fenomeno" è solamente agli inizi della sua carriera ma le sue potenti produzioni Franco-Canadesi stanno lasciando il segno, anche e sopratutto a livello internazionale. Nel suo nuovo film per la prima volta mette insieme un cast importante, la "crème de la crème" del cinema francese, e di nuovo per la prima volta non ottiene una consensuale ovazione della critica che, in questo caso, si è frammentata. Da qualunque angolazione lo si guardi, tuttavia, la sesta opera di Dolan, "E' solo la fine del mondo", è l'ennesimo pugno nello stomaco di noi spettatori. Dopo 12 anni lontano da casa, Louis ha deciso di tornare per informare i parenti della sua morte imminente.

Dopo soltanto un lieve accenno introduttivo, impreparati, si viene subito gettati pasto a una mischia familiare, un "fango" da cui sarà difficile riemergere incolumi: il fratello geloso, la cognata insicura, la madre nostalgica, la sorella minore quasi sconosciuta. Vecchi rancori e mancati chiarimenti esplodono in litigi e dissapori che creano un clima soffocante dove anche i silenzi, talvolta, diventano assordanti. La irrinunciabile ossessione di questo regista per i primi piani, i suoi giochi di messe a fuoco contrastanti, e il suo indugiare sui particolari, non ci dà via d'uscita e finiamo per "impantanarci" anche noi. Tutto ciò è emotivamente intenso ma al tempo stesso criptico, vago. I dialoghi, forti, vengono portati forse troppo allo stremo tanto da apparire surreali. La nostra partecipazione va e viene, e si soffre alla lunga la mancanza di background sebbene ognuno dentro di sé possa lavorare di fantasia interpretando a proprio modo.

Questo senso di inaccessibilità, che va a braccetto con un protagonista molto "chiuso" e di poche parole, potrebbe non piacere. Si viene coinvolti per poi distaccarci nuovamente. Non ci è permesso scoprire tutto fino in fondo. È Solo La Fine Del Mondo ci fa contorcere interiormente e ci lascia, dopo appena 1 ora e mezza, con un fastidioso senso di incompiutezza. Nonostante ciò c'è sempre un qualcosa che rapisce nel fare cinema di Dolan, un qualcosa di indescrivibile che ci attrae e riesce a sedurci. E noi vogliamo essere sedotti. Così, dopo averlo lasciato abusare delle nostre emozioni, finiamo col provare una amara ammirazione. È una sorta di Sindrome di Stoccolma, intenzionale masochismo, e crea dipendenza.