«Sono pulito. Non ho abusato del 13enne». Pedofilia, l’artigiano testimonia in aula. Ma i carabinieri confermano le accuse

«Non ho mai abusato del ragazzino. Si tratta soltanto di un racconto fantastico, privo di ogni fondamento. Una favola che niente ha a che vedere con la realtà». Franco Leone dice la sua verità e parla per oltre venti minuti di fronte al Tribunale collegiale

Carabinieri

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Lucca, 17 settembre 2014 - Il 64enne, accusato di aver abusato per oltre sette anni di un bambino residente nella Piana, ha cercato così di smontare le pesanti accuse piovute sul suo conto. Un lungo monologo — intervallato dalle domande del pubblico ministero Fabio Origlio e dei giudici Stefano Billet, Simone Silvestri e Angela Fantechi —, che di fatto ha chiuso il processo in primo grado ai danni dell’artigiano di origini campane. La sentenza, attesa per ieri pomeriggio, è tuttavia slittata al prossimo 28 ottobre. Data in cui si terrà una nuova (e probabilmente ultima) udienza.

Leone ha ammesso di essere stato molto legato al ragazzino che all’epoca dei fatti aveva 13 anni. Ha ammesso anche di avergli fatto alcuni regali. Ha aggiunto, infine, di essere stato particolarmente amico della madre dell’adolescente. Tuttavia ha negato ogni tipo di rapporto sessuale. Una versione in aperto contrasto con quanto dichiarato qualche minuto prima dal maresciallo dei carabinieri Gaetano Balistreri, anche lui chiamato ieri a testimoniare in Tribunale. Il militare — che ha condotto in prima persona le indagini per 4 mesi, sacrificando anche gli affetti più cari — ha ricostruito quelle difficili settimane fra pedinamenti, riscontri e testimonianze. Una lunga indagine che ha portato — nel giugno dell’anno scorso — all’arresto di Leone che da allora si trova rinchiuso nel carcere di Sollicciano. 

L’artigiano oltre agli abusi (di vario genere, ma che non avrebbero portato comunque a un rapporto sessuale completo), deve anche rispondere del reato di molestie — perché secondo l’accusa avrebbe tempestato il 13enne di sms — e di appropriazione indebita. In quanto, sempre secondo i carabinieri, si sarebbe anche appropriato di alcuni oggetti in oro della mamma. «Oggetti che avevo preso — ha dichiarato Leone in Tribunale —, in quanto la donna mi doveva dei soldi». La famiglia del 13enne, intanto si è costituita parte civile. 

La storia è di quelle terribili e ha radici lontane. Diversi anni fa, infatti, Leone era riuscito a conquistare la fiducia della madre del piccolo. Quando il bambino aveva 6 anni, l’artigiano aveva svolto alcuni lavori di ristrutturazione in casa della donna ed era ben presto diventato uno di ‘famiglia’. Una sorta di zio «buono» che aiutava a risolvere le piccole problematiche di vita quotidiana che ogni madre-lavoratrice deve affrontare. Così il 64enne andava a prendere il piccolo a scuola, lo portava al mare e in gita. Gli aveva regalato il cellulare e perfino la Play Station. Ma dietro a questo legame, fatto di premure e buone maniere - così da non destare neppure il minimo sospetto della mamma -, secondo l’accusa si nascondeva un rapporto malato. Un rapporto confessato ad alcuni giovanissimi volontari di «Hacking Labs», associazione frequentata da Leone. Così i titolari dell’associazione fecero scattare l’allarme e le conseguenti indagini. Indagini, coordinate dal pm Sara Polino che si sono chiuse — 4 mesi più tardi — con l’arresto del 64enne. 

Saverio Bargagna