Omicidio di Minucciano, «Canozzi morì per infarto». La tesi del perito della difesa

Il medico legale Martinelli. Per l’accusa fu soffocamento di Paolo Pacini

Un momento del processo e nel tondo gli imputati

Un momento del processo e nel tondo gli imputati

Lucca, 23 ottobre 2014 - Seconda udienza ieri del processo in Corte d’Assise contro i presunti responsabili della morte di Ugo Canozzi, l’82enne ex poliziotto che il 15 gennaio 2013 morì soffocato nel corso di un furto trasformatosi in tragica rapina nella sua abitazione a Castagnola di Minucciano. Davanti ai giudici Stefano Billet e Simone Silvestri (più la giuria popolare di tre uomini e tre donne) sono comparsi di nuovo Lorenc Marini, albanese di 28 anni (difeso dall’avvocato Francesco Lastrucci e dall’avvocato Alessandro Maionchi) e Besnik Metushi, albanese di 26 (avvocato Claudio Palazzoni). I due (nella foto) Devono rispondere di omicidio volontario, rapina e sequestro di persona. L'udienza è stata dedicata soprattutto all’esame delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche effettuate dai carabinieri e affidate dalla Corte a due periti. L’incrocio dei dati dei tabulati e del vorticoso giro di schede telefoniche è la chiave che ha portato gli inquirenti ad incastrare i tre albanesi, inchiodandoli alla presenza sul luogo della tragedia. C’è infatti un terzo indagato, Florind Marini, che sarà processato a parte, dato che è ancora in carcere a Tirana, in attesa di essere estradato in Italia dopo che avrà scontato una condanna per furto. Oltre ai periti del Ris, è stato poi ascoltato il medico legale Gilberto Martinelli, perito di parte per la difesa dell’imputato Metushi.  Per Martinelli, in sostanza, la morte del povero Ugo Canozzi non sarebbe stata dovuta al soffocamento, sia pure sotto il peso delle coperte, quanto invece a un’ischemia cardiaca: il cuore avrebbe sofferto per la mancanza di ossigeno e sarebbe quindi collassato. Ma, sempre secondo questa ricostruzione di parte, gli imputati l’avrebbero lasciato vivo sul letto e coperto per un gesto di pudore. Il medico legale Stefano Pierotti (perito del pm) nella prima udienza aveva invece sostenuto di ritenere più probabile l’asfissia, escludendo quasi del tutto l’infarto. I tre avrebbero insomma coperto un cadavere, prima di andarsene. Un punto non trascurabile nella valutazione delle responsabilità. In udienza c’era anche Candido Canozzi, operaio, figlio di Ugo, assistito dall’avvocato Silvia Cavani. Non ha perso un minuto del processo. «Voglio guardarli in faccia - aveva sottolineato durante la prima udienza - ma loro non hanno neppure il coraggio di guardarmi negli occhi. Questo significa molto per me... Spero che ora si cominci a fare giustizia». L’udienza è stata rinviata al 28 ottobre, quando saranno esaminati i due imputati. Un momento fondamentale, dato che sostanzialmente gli imputati si accusano a vicenda e le versioni non coincidono.