«No alla gogna mediatica per il giudice»

Carabiniere condannato dopo un arresto violento: ecco il documento congiunto di magistrati, avvocati e Camera Penale / IL COMMENTO di Remo Santini

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Lucca, 6 marzo 2015 - La storia del carabiniere pluridecorato al valor militare in operazioni internazionali, ma condannato a sei mesi in primo grado per lesioni (pena sospesa) dopo aver arrestato in modo troppo violento un tunisino che aveva sorpreso in flagranza a rubare rame in un capannone, fa infiammare di nuovo il dibattito. Una vicenda su cui si è scatenato l’interesse di tutta Italia, con interrogazioni parlamentari e la presa di posizione di alcuni sindaci, i quali ogni giorno devono affrontare la gente tartassata dai furti in abitazioni e nelle loro aziende. Quello di Altopascio, Maurizio Marchetti, ha aperto un conto corrente di solidarietà per pagare le spese al rappresentante delle forze dell’ordine, il risarcimento danni al malvivente (quantificato dal giudice in 7500 euro più 3.000 di provvisionale). Il primo cittadino di Porcari, Alberto Baccini, ha versato una quota pur sottolineando di voler respingere la mittente le strumentalizazioni che si stanno facendo in merito all’episodio, mentre il sindaco di Montecarlo, Vittorio Fantozzi, ha dichiarato apertamente di stare dalla parte del carabiniere.  Marchetti inoltre ha attivato «Io sto con le forze dell’ordine», account Facebook che al momento ha già toccato oltre 4.400 adesioni. E proprio sui social ci sarebbero state anche minacce nei confronti del giudice Carlo Annarumma, che ha emesso la sentenza. A fine febbraio, proprio su Facebook, sarebbero apparse frasi intimidatorie che sono ora al vaglio della Procura: l’intento dei magistrati è quello di appurare chi le ha formulate e ha la responsabilità del profilo su cui sono apparse. Intanto, sulla questione, c’è da registrare un documento congiunto firmato dalla sezione lucchese dell’Associazione nazionale magistrati, Ordine degli avvocati e Camera Penale. «Fermo restando l’insopprimibile diritto di cronaca e critica, tra le colonne fondamentali del sistema democratico, è inaccettabile che un giudice sia sottoposto a gogna mediatica solo perché ha assunto certe decisioni in un caso concreto senza posizioni preconcette - si legge nella nota - . I giudici devono essere terzi e imparziali ed assicurare lo svolgimento del giusto processo, ed emettere decisioni nel rispetto della legge. Solo un giusto processo, cioè celebrato nel rispetto delle regole, puo’ dire se un fatto è previsto dalla legge come reato, se un soggetto ne sia responsabile e se, a causa della perpetazione di tale fatto, esista o meno una vittima». Per magistrati, avvocati e Camera penale, infine, «destano stupore i toni e i contenuti apparsi sulla cronaca e sui social network, con il rischio di ingenerare sfiducia nella giustizia e di istigare pericolose reazioni contro tutti coloro, magistrati e avvocati, che esercitano le loro funzioni nel rispetto della legalità».