Violenze in famiglia e vessazioni. Così si diventa baby criminali

Pietrini (Imt) fotografa il fenomeno dei bulli

Pietro Pietrini (foto Alcide)

Pietro Pietrini (foto Alcide)

Lucca, 13 ottobre 2017 - Il bullo, in fondo, altro non è che una vittima inconsapevole. Vittima di se stesso, di un passato magari turbolento, di vessazioni subite in famiglia o in altri contesti e che lo portano a sviluppare comportamenti aggressivi. A svelare i tratti della complessa psicologia del «baby criminale» è Pietro Pietrini, direttore della scuola di alti studi Imt ed esperto di psicologia clinica. «Spesso – spiega – i ragazzini che si trasformano in bulli hanno problemi di identità propria, hanno alle spalle situazioni sociali e familiari precarie; nella maggior parte dei casi a loro volta sono stati oggetto di violenza e quindi tendono ad esercitarla sugli altri». 

Non per forza, però, il bullo ha alle spalle un contesto di disagio economico? 

«Magari viene piuttosto trascurato a livello emotivo, avrebbe bisogno di attenzioni. Non va visto il bullo come una persona forte, sicura, che potrebbe fare diversamente se solo volesse; si tratta invece di individui disturbati, che si sentono forti solo se fanno gruppo per attaccare quelli che percepiscono come più deboli».

Ci sono dei tratti psicologici comuni anche nelle persone che invece subiscono questo genere di vessazioni?

«Si tratta quasi sempre di ragazzini timidi, che talvolta hanno tendenza a sentirsi in colpa per tutto ciò che accade».

Quando un genitore deve preoccuparsi?

«Di norma quando nota che il figlio fa vita ritirata, non esce, non va fuori con amici, non fa sport, è triste, piange, diventa rosso persino se suona il telefono. Ha insomma quei tipici comportamenti di evitamento. Ovviamente, oltre ai segni di disagio psicologico, ci sono anche quelli fisici»

Il rapporto tra bullismo e web è davvero così forte o è cambiata la percezione di certi fenomeni?

«Certi comportamenti sono sempre esistiti, ora emergono con più frequenza perché vi si è posta più attenzione e ci sono tecnologie che li rendono meno ‘invisibili’».

Si parla sempre più spesso di cyberbullismo...

«I sistemi informatici, quali possono essere i social, sono ormai alla portata di tutti e hanno un potere enorme perché permettono di compiere attacchi anche a distanza, in maniera più subdola e con una potenza particolare perché una volta che qualcosa è postato sulla rete diventa di dominio pubblico ed è sostanzialmente indelebile, diveramente da quanto accade con un atto di bullismo compiuto in un ambito ristretto».

Crescono anche i pericoli?

«I contenuti sono disponibili per gli utenti di tutto il mondo, si possono scaricare, fotografare. Ma questo vale anche per gli adulti: ci sono casi di suicidi di persone le cui foto intime sono state postate per ritorsione dall’amante tradito. Ma il web, se monitorato costantemente da chi ha le giuste competenze, può anche essere una risorsa per combattere il bullismo.