"Ora chiedono la tassa sulle insegne. Mai visto fare in ventiquattro anni"

Il gioielliere Marchi: "Calcolano anche le serigrafie alle finestre"

Angelo Marchi indica l’ingresso del suo negozio (foto Alcide)

Angelo Marchi indica l’ingresso del suo negozio (foto Alcide)

Lucca, 29 marzo 2017 - "Ora chiedono la tassa sulle insegne. Arretrati compresi". Angelo Marchi, contitolare della storica gioielleria Michele Marchi di via Roma angolo via Beccheria è rimasto stupito. Ispettori di Lucca Holding Service hanno misurato la superficie delle insegne del suo negozio ed emesso il conto: 370 euro per l’anno in corso, altrettanti per il 2016, oltre ad eventuali sanzioni.

Marchi rimane esterrefatto ed esterna sorpresa e disappunto. Ma gli inflessibili ispettori gli fanno capire che o pagherà, o dovrà ridurre la superficie delle insegne portandole entro la soglia minima in cui la tassa non è applicata: cinque metri quadrati.

"Sono rimasto esterrefatto per più motivi - racconta Marchi – il primo è che la tassa sulle insegne introdotta da una legge del 1993 non era mai stata riscossa fino ad oggi e non capisco perché lo si faccia ora, per di più a campagna elettorale già iniziata. Vien da pensare che si debba ripianare qualche falla in bilancio prima che termini il mandato".

Quindi, Marchi entra nel merito. "Mi hanno spiegato che la tassa non è dovuta per chi ha insegne inferiori a cinque metri quadrati. Essendo la superficie delle mie di dieci metri ho chiesto di pagare per i cinque eccedenti la soglia minima. Mi è stato risposto che da cinque metri e un centimetro in su si paga l’intero. Vi pare giusto?".

Ma il punto che al commerciante non va affatto giù riguarda il calcolo delle superfici considerate insegne. "Oltre al nome del negozio che compare sopra la serranda, hanno computato anche le serigrafie con una grande M e la scritta “show room” di 30 cm per 30 apposta alle finestre al piano superiore del negozio. Vogliamo chiamarle insegne, quelle? Sono semplici scritte. E hanno computato pure il marchio col nostro cognome inciso sul marmo in vetrina e visibile solo quando il negozio è aperto, restando coperto a serranda abbassata. Se è nascosto per parte della giornata, si può definirla insegna? Qui mi pare che si voglia soltanto spremere tutto il possibile dalle tasche di noi commercianti".

Rimedi? "Mi hanno suggerito di eliminare le serigrafie con la M dalle finestre lasciando la dizione show room per abbattere la superficie complessiva. E magari dovrei togliere anche l’insegna in marmo. Inoltre mi si spiega che se espongo in vetrina anche temporaneamente un cartello col marchio magari di un orologio sono tenuto a pagare se la superficie supera il mezzo metro quadrato. E’ così che si aiuta il commercio, in un momento di crisi acuta come quello che stiamo vivendo?".

L’assessore comunale alle finanze Enrico Cecchetti rinvia la risposta sul punto se davvero in passato la tassa sulla pubblicità tramite insegne non sia - come afferma Marchi - mai stata richiesta dal Comune ai contribuenti. Il responsabile del bilancio di Palazzo Orsetti esibisce tuttavia quello che ritiene un merito della sua amministrazione. "Oltre un anno fa, anziché passare di brutto all’incasso varammo un percorso informativo attraverso le associazioni di categoria che organizzarono serate e incontri con gli iscritti. E alla fine ci ringraziarono pure. L’informazione fra gli addetti ai lavoro non è certo mancata".

p.c.