Raid in case, banche e gioielleria. Sette a giudizio e nove riti abbreviati

Le decisioni del gup per la banda di sinti sgominata dai carabinieri

Il gioielliere rapinato dalla banda

Il gioielliere rapinato dalla banda

Lucca, 26 dicembre 2016 - Sette rinvii a giudizio, nove riti abbreviati e due ammissioni al patteggiamento per reati che vanno dall’associazione a delinquere al furto, alla rapina e alla ricettazione. Queste le decisioni del gup Riccardo Nerucci nell’udienza di ieri nei confronti della banda di sinti accusata di una lunga serie di reati tra Lucca, Versilia e Valdinievole. A smascherarli erano state le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo e del nucleo operativo e radiomobile di Lucca, con l’operazione «Non stop», diretta dal pm Aldo Ingangi.

Questi gli imputati principali per i quali sarà celebrato il rito abbreviato il 10 marzo davanti al gup Nerucci. Clei Satori, 38 anni e Domenico Tarantino, di 28, da tempo in carcere per la rapina commessa il 12 gennaio scorso ai danni dell’orefice Aldebrando Del Pecchia (foto a fianco) ammanettato e picchiato nella sua gioielleria in via Sarzanese a Nave. Poi Cesare Satori, di 38; Daniel Di Leo, 32 anni; Alessandro Bini, 32; Patrik Cavazza, di 37; Maria Satori, di 40; Consuelo Iussi, 35 anni e Francesco Moscatelli, 24 anni. Patteggiamenti per Ismaele Lebbiati, 19 anni (per alcuni episodi gli atti sono stati però trasmessi alla procura dei minori di Firenze) e Samuele Ammoscato, 24 anni.

Il giudice si è invece dichiarato incompetente per territorio per Sergio Ersemberger, 42enne, imputato solo per un tentato furto a Pisa. A giudizio il 24 gennaio al tribunale collegiale vanno invece Angelo Onorato, 36 anni; Mirko Antonio Beschi, di 42 anni; Deborah Iussi, 34enne versiliese; Michele Bordigoni, 35; Denis Hudorovich, 24 anni e Paola Barbato, 51 anni di Montecatini, che era titolare di un «Compro oro» nella cittadina termale ed è accusata di essere l’addetta alla ricettazione dei preziosi frutto dei vari colpi della banda.

L’operazione dei carabinieri era nata dopo il sequestro di refurtiva trovata ad alcuni sinti abitanti nel campo nomadi di Maggiano, ma si era allargata ad altri soggetti dei campi nomadi di Lucca e della Versilia, trovando collegamenti tra la recrudescenza di furti in case e attività commerciali, riconducibili alla stessa banda. Era emerso che il gruppo si dedicava a furti di ogni genere: dai quelli di borse nelle auto lasciate in sosta davanti alle scuole, all’utilizzo illecito di carte di credito e bancomat, dai furti in abitazione, ditte ed esercizi commerciali di Lucca e Piana, ai raid ai danni di banche ed uffici postali: in particolare a Quiesa e a San Martino in Freddana dove erano stati sradicati gli sportelli bancomat. Poi il colpo più clamoroso e maldestro: la rapina da 60mila euro alla gioielleria di Nave, finita con una raffica di arresti.