L’assassino di Vania vuole lo sconto. Ha presentato il ricorso in appello

La difesa punta ad eliminare stalking, crudeltà e premeditazione

L'arresto di Pasquale Russo

L'arresto di Pasquale Russo

Lucca, 16 ottobre 2017 - La difesa ha depositato il ricorso in appello contro la sentenza del gup Antonia Aracri, che nel maggio scorso ha inflitto 30 anni di carcere a Pasquale Russo, 47 anni, l’assassino della coetanea Vania Vannucchi, condannato per omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà e atti persecutori. I suoi avvocati Paolo Mei e Gianfelice Cesaretti tentano così di ottenere un ulteriore sconto di pena. Dopo aver evitato l’ergastolo solo grazie alla scelta del rito abbreviato, i difensori puntano adesso a «limare» ulteriormente la condanna. Una scelta tecnica che di fatto riapre la ferita lasciata da questo atroce delitto del 2 agosto 2016, quando lui al termine di una lite bruciò viva Vania (che all’epoca lavorava come operatrice socio sanitaria a Cisanello) perché lei non voleva ormai più saperne della loro relazione.   Nelle trenta pagine di ricorso (che verrà discusso nel giro di un anno a Firenze), i difensori tentano di smontare la tesi accusatoria del pm Piero Capizzoto accolta dal gup Aracri, in particolare contestando la sussistenza delle aggravanti. Gli avvocati Cesaretti e Mei sostengono infatti che non vi fu alcuna premeditazione ma un gesto di impeto, che non vi fu una condotta di tipo persecutorio nei confronti della povera Vania e che la stessa dinamica dell’omicidio, pur con l’utilizzo della benzina e del fuoco, non sarebbe stata aggravata da crudeltà. Nell’istanza suggeriscono ai giudici di appello di valutare anche se Pasquale Russo avesse problemi psichici, suggerendo l’eventualità di una perizia in tal senso. A suffragare questa loro richiesta, gli avvocati portano anche alcune testimonianze finite già agli atti sulle sue condizioni psicologiche antecedenti il delitto e messaggi in cui Pasquale Russo sosteneva di stare male.

L’obiettivo? Far cadere le aggravanti e attenuare la pena, portandola dai 30 anni a una quota intorno ai 24-26 anni di reclusione. Ipotesi fantasiose? La procura non ha appellato la sentenza del gup (che aveva accolto nel merito tutte le richieste del pm) e un’eventuale riforma della sentenza di primo grado potrà solo confermare o diminuire la pena inflitta. Tentar non nuoce, insomma, nell’ottica della difesa.   Intanto Pasquale Russo resta rinchiuso nel carcere di Prato. Oltre alla condanna penale, dovrà pagare anche 1 milione e 166mila euro di risarcimento ai familiari di Vania e 10mila all’associazione «Luna Onlus». Soldi del tutto «virtuali», dato che praticamente l’omicida non possiede beni di valore. E proprio a tale proposito i difensori confermano l’intenzione di accedere al gratuito patrocinio (avvocato pagato a spese dello Stato) per Pasquale Russo. «E’ nullatenente e ne ha pienamente diritto – sottolineano – quindi l’eventuale accesso al gratuito patrocinio dal nostro punto di vista non deve suscitare alcuno scandalo, né aprire un dibattito oggettivamente privo di significato».