«Lo Stato rifiuta di far tornare in patria mio fratello, condannandolo a restare in Colombia»

Segromigno in Monte, doccia fredda per la famiglia del detenuto a Palmira / L'INTERVISTA / L'INTERROGAZIONE PARLAMENTARE

Manolo Pieroni

Manolo Pieroni

Lucca, 4 giugno 2015 - «Volevo solo farvi sapere che sono delusa da questo Stato, che rifiuta di far tornare un nostro connazionale, nonché mio fratello, nonostante il benestare colombiano (già cosa rara), rifugiandosi dietro inutili scuse». Inizia così il post su Facebook di Debora Pieroni, sorella di Manolo (nella foto) detenuto nel carcere di Palmira, in Colombia, da 4 anni. Lo ritroviamo dove lo avevamo lasciato: in attesa di buone notizie dall’Italia, dove ormai il rientro chiesto per scontare i 17 anni che gli restano vicino ai familiari – il padre è molto malato – sembrava cosa fatta. E invece no.

Pieroni, originario di Segromigno in Monte, è stato condannato nel 2011 a 21 anni di reclusione dopo che all’aeroporto, per cause che lui ha sempre definito sconosciute, furono trovati 7 chili di cocaina nel bagaglio. Da lì un lungo calvario, la detenzione nel braccio riservato ai prigionieri politici e le risse all’ordine del giorno tra reclusi costretti a vivere in condizioni al limite. «Tanti sforzi vanificati. Aspettavo notizie dal ministero dell’Interno, dopo l’ok dal governo colombiano e le rassicurazioni dell’ambasciatore a Bogotà. Ora però i documenti sono tornati indietro e il sogno di far tornare mio fratello sfuma – spiega la Pieroni – Non mollo, da domani riparto. Non avrò pace finché non lo avrò riportato a casa. Da noi». 

Per chi non lo ricorda, il ragazzo era stato fermato per un controllo all’aeroporto di Cali, poco prima di salire sul’aereo che passando per Madrid lo avrebbe riportato in Italia. «Una vera e propria strategia criminosa, un meccanismo ormai affinato e tristemente noto — spiega la sorella di Manolo — che si chiama “mula involontaria”. Ti prendono la valigia e la riempiono di droga a tua insaputa, così fai da corriere. Mio fratello si trovava in Colombia per aprire un’attività, stava rientrando per perché nostro padre stava male e voleva essere vicino a lui e al resto della famiglia. Invece, purtroppo, sono tre anni che non lo vedo».