Doping di squadra: farmaci vietati, cinque indagati

Inchiesta connessa alla morte di Linas Rumsas

Doping (Ansa)

Doping (Ansa)

Lucca, 14 settembre 2017 - L’operazione risale al 4 settembre ma solo ieri gli inquirenti hanno dissolto la cortina di fumo che copriva un’indagine delicatissima, scaturita dalla morte di un ragazzo di appena 21 anni e che tocca un argomento delicato come il doping. Nell’ambito dell’inchiesta per il decesso di Linas Rumsas, «figlio d’arte» e promessa del ciclismo, ritrovato cadavere nella sua abitazione di Lunata il 2 maggio scorso in circostanze ancora da chiarire, la Squadra Mobile ha effettuato una serie di perquisizioni disposte dal pm Giannino: gli agenti hanno fatto irruzione all’interno di svariate abitazioni, a cominciare da quella di Luca Franceschi dirigente della Altopack-Eppela per cui correva Rumsas, di alcuni compagni di squadra dello sfortunato atleta. Indagini anche nell’abitaizone del padre di Linas, quel Raimondas Rumsas ex professionista squalificato proprio per doping. Agli indagati, cinque in tutto, viene contestata la detenzione e la somministrazione di sostanze dopanti.

Un’accusa pesantissima sostenuta da prove inequivocabili trovate dagli agenti. In casa, tra cassetti e armadietti, trovati farmaci di ogni tipo: alcuni espressamente vietati, altri la cui somministrazione unita ad altre sostanze costituisce doping a tutti gli effetti; poi farmaci ospedalieri e tabellari, come pesantissimi antidolorifici, preparazioni contenenti oppiacei o benzodiazepine che alterano il normale recupero nel sonno. Un quadro indiziario aggravato dalla presenza di presidi sanitari come siringhe e flebo, che la Squadra Mobile ritiene venissero utilizzari per iniettare quelle sostanze ai corridori migliorandone così le prestazioni. Il sospetto è che anche la morte di Linas Rumsas sia da addurre a simili pratiche: un teorema ancora da dimostrare in maniera completa, visto che l’esito degli esami cui sono stati sottoposti gli organi del giovane ciclista di origine lituana non è ancora stato divulgato. Ma la pista del doping come spiegazione di quel decesso, dopo i recenti sviluppi, esce rafforzata. La Squadra Mobile, diretta dalla dottoressa Silvia Cascino, è ora al lavoro per capire come gli indagati siano entrati in possesso di quelle sostanze. Preoccupa in particolare il fatto che siano riusciti a procurarsi farmaci disponibili soltanto negli ospedali. Alla tetra vicenda si aggiunge quindi un altro alone di mistero, che affonda le radici nei loschi traffici del doping.