Blue Whale, il caso di Lucca, ragazzina salvata, l'esperta: "Stiamo vicino ai giovani"

Adolescenti nella spirale suicida. I consigli di un’educatrice dell’Asl

Il pericolo della "Blue Whale" arriva dai social

Il pericolo della "Blue Whale" arriva dai social

Lucca, 24 maggio 2017 - Getta la sua ombra inquietante anche a Lucca e dintorni il pericoloso «gioco» della «Blue Whale», la famigerata balena blu diventata emblema dell’istigazione al suicidio tra gli adolescenti più fragili. Una ragazzina lucchese di 16 anni era stata attirata nel percorso di autodistruzione che circola come un veleno sul web, ed è stata salvata insieme a un’amica di Montecatini da un carabiniere allertato da un altro sedicenne. Lieto fine per una vicenda che suscita inquietudine. Ma quali sono in generale i rischi per i nostri adolescenti sui social? Ne parliamo con Roberta Della Maggiora, educatrice professionale dell’Asl.

«La situazione – spiega – è preoccupante. Abbiamo avuto un incontro con le strutture di educazione alla salute dell’area Asl di Lucca, Pisa, Livorno e Massa, e ovviamente abbiamo parlato anche di questo allarme Blue Whale. Purtroppo i social portano a queste situazioni estreme. Noi lavoriamo sulle competenze di vita con le scuole superiori lucchesi. Acquisendo le competenze di vita i ragazzi possono acquisire quei fattori protettitivi come l’autostima, l’autoefficacia e la resilienza, utili ad affrontare la vita quotidiana».

«Questo nuovo elemento del Blue Whale – aggiunge la dottoressa Roberta Della Maggiora – è solo uno dei tanti, purtroppo. Ho letto del caso sospetto di Livorno. Un allarme concreto è il cyber-bullismo che combattiamo con progetti diffusi nelle scuole. Non dobbiamo parlare solo ai ragazzi, ma anche agli insegnanti. E i genitori dovrebbero essere soinvolti. Un fenomeno come il Blue Whale ci mostra ragazzi molto soli, forse, perché la vita delle famiglie oggi è complessa e molti li perdono di vista. Nessuno si accorge di nulla in casa, spesso, ed è preoccupante. Bisogna lavorare anche sugli adulti, senza incolparli di tutto però. Forse siamo indietro sull’educazione verso l’uso di questi social, se ci sono ragazzini di 11 anni liberi di cercare qualcsiasi cosa sul web. Serve più attenzione. C’è un rischio di emulazione e di fascinazione verso questi fenomeni del “male”. A volte è anche una semplice richiesta di attenzione da parte degli adolescenti».

«E’ un'età difficile. Si sentono onnipotenti, rischiano tutto con facilità, un’età di passaggio delicatissima. E’ chiaro che c’è una fragilità estrema. Si abbandona il bambino e si va verso la persona adulta. In questo passaggio è necessario per loro avere relazioni con gli adulti di riferimento dove trovare attenzione. Età difficile anche per i genitori, che a volte non chiedono aiuto, devono imparare a farlo. Soprattutto a riconoscere i campanelli di allarme. Penso ad isolamento, inquietudine, mutismo, abitudini che cambiano d’improvviso. Controllare cosa fanno con smartphone e Pc? Direi soprattutto consapevolezza. dei pericoli. Che sono anche quelli dell’adescamento del cyber-bullismo. In questi ultimi anni c’è stato un notevole lavoro da parte della polizia postale. Non demonizziamo l’uso dei social in sé. Ascoltiamoli di più questi ragazzi, diamo valore alla relazione genitori figli e insegnanti studenti. Un antidoto verso queste occasioni di pericolo».